Cronaca dalla prima linea: Pasqua Covid 2020

Pasqua 2020 covid

Mi alzo, mi preparo ed esco. La strada che mi porta nell’ospedale Covid dove prendo servizio è spettacolare. Un sole abbacinante, un cielo terso, i fagiani sul ciglio, novelli padroni della strada, noncuranti del mio passaggio, si girano allo sfrecciare dell’auto, felice di essere strigliata a dovere, su una strada un tempo molto trafficata.

Parcheggio e scendo col mio fido trolley in cerca dell’entrata della terapia intensiva. Un nuovo ospedale covid, oggi. È il quarto che frequento da quando è iniziata l’emergenza.

Entro e, come sempre, volti nuovi e gente nuova. Un po’ di adattamento, il medico della notte mi dà le consegne riguardo i pazienti, e via, pronto ad entrare. Scrivo come sempre il nome sulla tuta bianca. Entro dove ci sono i pazienti.

 

I due inquilini

È una terapia intensiva “a stanzone unico”. È divisa in due aree, ci sono solo 4 pazienti totali oggi, su 16 letti disponibili. Da tre giorni a questa parte il numero degli inquilini di questo posto è sceso. Il mio collega ne prende due, io gli altri due. Li visito, li valuto.

La prima persona è molto grave, è stato fatto di tutto finora negli ultimi 15-20 giorni, ma l’obesità estrema e il diabete, sopra il covid e una sovrainfezione del polmone difficilmente saranno superabili. È addormentato per sopportare la ventilazione del polmone. Lo curiamo, facciamo del nostro meglio, nella speranza che qualcos’altro intervenga, al di là delle nostre cure professionali, chiaramente limitate in efficacia.

La persona a fianco è un vecchietto arzillo. È stato estubato ieri dopo 15 giorni di degenza, ha gli occhi vispi nonostante il fisico prostrato. Accenna qualche sorriso, respira con fatica ma con determinazione. Ce la farà. Se tutto va bene, domani andrà in reparto!

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Una sorpresa

A metà mattina la prima sorpresa; arriva il primario. Accidenti! Non è da tutti i primari presentarsi in reparto a Pasqua per vedere come va la situazione. È uno “vecchio stampo”, che “sente” ancora il reparto come una sua creatura. Raccoglie le informazioni, ci dà due suggerimenti e annuncia una sorpresa: a mezzogiorno arriverà il pranzo di pesce offerto da un noto ristorante! Chapeau.

 

Il momento conviviale

Pausa pranzo, offerto da un ristoratore locale! Meglio che al ristorante! Siamo proprio a Pasqua! Antipasto di mare, gnocchi con granchio, orata con patate. E per finire, il gran finale! L’infermiera, appena terminato il suo turno, rompe l’enorme uovo di cioccolata portato da un’associazione benefica.

 

Due telefonate

Nel pomeriggio, dopo il nuovo giro visita ai pazienti, arriva il momento di avvisare i familiari. Da quando è iniziata l’emergenza-covid, nessuno può venire a trovare i malati, per il rischio infettivo. I familiari ricevono la nostra chiamata una volta al giorno, ad un orario prestabilito. Bastano 3 squilli per avere risposta. Mi immagino che saranno lì trepidanti in attesa della nostra telefonata.

Il figlio del primo ammalato è speranzoso, non si arrende all’idea che le cose possano andare male. È suo diritto sperare e nostro dovere essere sinceri. Do le informazioni per telefono. È più difficile del consueto: non c’è la comunicazione non verbale. Bisogna soppesare ogni affermazione, è come camminare su una corda tirata su uno strapiombo: devi mantenere la correttezza professionale dando speranza ma senza creare illusioni.

Vado dal vecchietto. Con addosso il casco e con il cappuccio della tuta abbassato, per farmi capire devo urlare forte: gli chiedo se vuol sentire al telefono la moglie. Lo devo convincere con insistenza, è un po’ stanco, però l’idea poi gli piace. Compongo il numero sul portatile, mi presento alla moglie e le annuncio una piccola sorpresa pasquale. Metto la cornetta vicino al vecchietto e lui saluta la moglie con un filo di voce. Colgo l’emozione dall’altro capo del telefono: una casa da qualche parte qui vicino si accende di speranza! Riprendo in mano la cornetta, tante domande della moglie a cui rispondere e poi tanti e tanti ringraziamenti per la notizia e per come gliela abbiamo data! 🙂

 

Svestizione

Il collega mi dà il cambio, esco dopo 4 ore di turno dentro lo stanzone. L’aria mi manca, sono tutto sudato, entro nell’aria svestizione e mi tolgo tutto l’armamentario. Ci sono i segni della maschera e dei guanti. Poca roba. Ma in fondo mi piace documentarlo, un po’ di auto-compiacimento ci sta! 🙂

 

Esco e in attesa che arrivi il collega per il cambio scrivo queste righe di getto. Anche noi qui abbiamo celebrato una Pasqua, di sofferenza e di sorprese.

Pasqua 2020. Covid.

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin