covid-negazionismo coronavirus non esiste

Fermare i contatti sociali per fermare il COVID-19, è davvero efficace?

Introduzione

In questo articolo parleremo delle misure restrittive adottate dal governo cinese per limitare la diffusione del contagio da COVID-19. Queste hanno previsto, prima, nel mese di gennaio, la chiusura di alcune città; poi nel mese di febbraio, l’isolamento totale delle unità abitative in tutta la nazione.

Si è discusso molto riguardo l’efficacia e la reale necessità di queste misure per controllare la diffusione del COVID-19, particolarmente perché queste informazioni potrebbero risultare fondamentali per gli altri paesi in cui l’epidemia è in corso, in maniera da prevenire e limitare i danni causati da questo virus.

Per cercare di rispondere a queste domande, parleremo di come un gruppo di ricercatori cinesi abbia condotto alcune simulazioni a computer, identificando possibili meccanismi che spieghino l’impatto delle varie misure d’isolamento sulla prevenzione dell’epidemia.

 

Che cos’è il COVID-19 e come si trasmette

Alla fine del 2019, dalla città cinese di Wuhan è scoppiata una epidemia, il cui responsabile è un virus mai osservato infettare l’uomo prima d’ora. L’11 Febbraio 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato questo virus con il nome ufficiale di “severe acute respiratory syndrome coronavirus 2” (SARS-CoV-2), e la malattia che esso causa come l’ormai celebre “coronavirus disease 19” (COVID-19).

Il SARS-CoV-2 è un virus appartenente al gruppo dei coronavirus, lo stesso in cui troviamo alcuni virus respiratori che causano il comune raffreddore, ma anche il virus che nel 2003 causò l’epidemia di SARS, un’altra sindrome respiratoria grave che mise in crisi molti paesi asiatici. Come gli altri coronavirus, anche il SARS-CoV-2 si trasmette tramite contatto diretto da individuo a individuo. Infatti, se due persone sono sufficientemente vicine, e parlano direzionate l’una verso l’altra, oppure una di queste tossisce o starnutisce, alcune goccioline di fluidi respiratori di una persona infetta possono raggiungere la bocca o il naso delle altre persone e essere inalate.

 

Come si diffonde un’epidemia di COVID-19?

Come si sviluppa l’epidemia COVID-19 all’interno della popolazione? Gli autori dello studio, per simulare questo scenario, hanno identificato cinque categorie all’interno delle quali può ricadere la popolazione durante l’epidemia. Queste classificano un individuo come:

banner acqua idrogenata desktop
  1.       suscettibile
  2.       asintomatico
  3.       infetto
  4.       guarito
  5.       deceduto

Dalle categorie descritte deriva proprio il nome del modello descritto nell’articolo, SAIRD, (acronimo di susceptible-asymptomatic-infected-recovered-death).

All’inizio dell’epidemia esistono virtualmente solo persone che, se esposte, potrebbero essere infettate dal virus. Queste si dicono “suscettibili”. Quando una persona suscettibile contrae il virus tramite le modalità riportate sopra, diventa “infetta”. Adesso questa persona contiene il virus attivo nel suo organismo e diventa essa stessa contagiosa nei confronti della popolazione suscettibile. Le persone infette, tuttavia, non si rendono immediatamente conto di aver contratto il virus, poiché esiste una finestra di tempo detta “periodo di incubazione” tra l’infezione e la comparsa dei primi sintomi della malattia, in cui la persona infetta non sa di essere contagiosa e quindi può infettare inconsapevolmente altre persone, semplicemente continuando a svolgere le normali attività quotidiane.

Non tutte le persone infette rispondono all’infezione allo stesso modo, infatti la gravità dei sintomi varia da paziente a paziente. Solitamente, i soggetti infetti manifestano i primi sintomi della malattia dopo circa 5-7 giorni d’incubazione. I sintomi coinvolgono principalmente alle vie respiratorie superiori, ma nei casi più gravi l’infezione può scendere nei polmoni e compromettere la capacità di respirare della persona. Quando il paziente non è più in grado di respirare da solo, necessita di essere ricoverato in ospedale, in modo da ricevere l’assistenza di personale specializzato. Purtroppo alcuni pazienti, in particolare quelli con patologie pregresse, o quelli che non sono potuti accedere alle cure necessarie, non sopravvivono (“deceduti”), mentre altri pazienti superano l’infezione e guariscono. I pazienti “guariti” hanno debellato il virus nel proprio organismo e quindi non sono più contagiosi nei confronti delle persone suscettibili.

Una parte delle persone infette da COVID-19, tuttavia, non sembra sviluppare segni evidenti di infezione, ma presenta dei sintomi respiratori lievi, che si confondono facilmente con le comuni patologie invernali come i raffreddori o l’influenza, o non li presenta affatto. Questi soggetti vengono detti “asintomatici”. Nel quadro della diffusione del SARS-CoV-2, si pensa che gli asintomatici siano stati particolarmente importanti poiché questi soggetti, similmente agli infetti che stanno incubando il virus, sono inconsapevolmente contagiosi, e continuano ad avere contatti sociali con persone suscettibili.

 

Le misure per contenere il contagio

Poiché la Cina è stato il primo paese colpito pesantemente dalla COVID-19, nei primi mesi del 2020, il governo di questo paese ha deciso di adottare alcune importanti misure per contenere la diffusione del virus.

La prima precauzione adottata dal governo cinese il 23 Gennaio 2020, è stata la chiusura delle città in cui c’erano focolai di infezione in corso. Tra queste, la città di Wuhan, da dove è partita l’infezione stessa, e altre città della provincia (Hubei). Due settimane dopo, dato il progressivo aggravarsi della situazione, il governo cinese ha deciso di applicare delle restrizioni più severe; l’8 Febbraio 2020 è stata infatti ordinata la chiusura delle unità abitative di tutta la nazione. Questa misura prevede un isolamento stringente: le persone non potevano uscire di casa e solo un membro di ciascuna unità abitativa poteva uscire ogni 2-3 giorni per procurare alla famiglia i beni di prima necessità. Inoltre, i movimenti di chiunque entrasse ed uscisse da un’abitazione erano strettamente controllati e la temperatura di ciascun residente veniva esaminata per ogni uscita e rientro nell’unità abitativa.

Oggi sappiamo che l’allarme coronavirus in Cina sta rientrando e che i contagi sono al minimo rispetto ai mesi scorsi. Nonostante questo, in altri paesi del mondo come il nostro, i numeri dei soggetti infetti sta crescendo esponenzialmente con conseguenze tragiche e portando al progressivo sovraccarico del sistema sanitario nazionale. Nell’attesa che vengano sviluppate delle terapie efficaci, l’unica via per contenere il contagio è quella che i governi dei diversi paesi adottino delle misure preventive e contenitive. Non sempre i governi dei diversi paesi, sono stati allineati su questo fronte e per questo sono importanti gli studi che cercano di fare luce sull’efficacia delle precauzioni adottate in Cina, come quello che vedremo nella sezione successiva.

 

Simulare l’infezione COVID-19 per capire l’impatto delle misure contenitive cinesi

In un recentissimo lavoro scientifico (ancora non peer-reviewed, cioè non controllato da alti membri della comunità scientifica), gli autori si sono chiesti quale sia stato l’impatto delle misure adottate dal governo cinese per contenere l’epidemia.

I ricercatori hanno creato un modello matematico di simulazione della diffusione dell’epidemia di COVID-19 a computer, e hanno inserito al suo interno diverse informazioni, tra cui: il numero di città coinvolte dal contagio, la popolazione media per ogni città, la durata media del periodo d’incubazione del virus in giorni, la mobilità delle persone tra le città e la disponibilità di posti letto in ospedale per ogni 1000 abitanti.

Quando il modello viene interrogato, il risultato della simulazione mostra come nel corso di 100 giorni, la popolazione si distribuisca all’interno delle categorie spiegate precedentemente (suscettibile-asintomatico-infetto-guarito-morto), in rapporto alla popolazione totale.

Per esempio, quando il modello viene interrogato senza considerare nessuna restrizione governativa o limitazione dei contatti sociali, l’andamento dell’esperimento mostra come tutta la popolazione suscettibile, entro 5 settimane, venga completamente infettata. Nel corso del mese successivo gli infettati va incontro a due destini: circa la metà perisce, mentre l’altra metà guarisce.

Successivamente, il modello è stato interrogato inserendo delle limitazioni simili a quelle imposte nella realtà dal governo cinese. In prima istanza, gli autori hanno simulato l’isolamento delle città, (la prima misura adottata dal governo) e hanno hanno osservato come variasse l’andamento delle percentuali per ciascuna delle categorie menzionate durante i 100 giorni. I risultati hanno mostrato che quando le città venivano isolate, il numero di morti diventava più alto rispetto a quando queste non erano isolate. Questi risultati indicano che, nonostante la chiusura delle città aiuti a difendere il resto del paese dall’epidemia, il tasso di infezione, e quindi quello mortalità nelle città chiuse aumenta, poiché le persone sono confinate e non possono più muoversi verso altre zone.

All’interno di questo scenario, gli autori dello studio hanno valutato l’effetto di un miglioramento delle risorse ospedaliere, aumentando il numero di posti letto disponibili per ogni 1000 abitanti. Grazie al numero maggiore di cure disponibili, la simulazione ha dimostrato come nelle città isolate la mortalità diminuisse significativamente.

Infine, gli autori hanno valutato quale fosse l’effetto dell’isolamento delle unità abitative all’interno nel loro modello di diffusione del virus. I risultati hanno mostrato che questa misura riduce sensibilmente l’infezione tra individui, mantenendo un alto numero di soggetti sani (85%). Allo stesso tempo, l’isolamento permette di avere più posti letto in ospedale, garantendo cure efficaci per le persone infette. Inoltre è stato osservato come l’isolamento delle unità abitative controlli tanto più efficacemente il contagio quanto prima viene adottata e quanto è più stringente.

 

Conclusioni

I risultati di questo studio mostrano come le misure d’isolamento delle città non siano sufficienti per ridurre la percentuale di individui infetti, e potrebbero essere addirittura controproducenti, alzando il tasso di mortalità all’interno delle città chiuse. L’aumento delle risorse ospedaliere potrebbe tuttavia tamponare i decessi. Solamente l’isolamento stringente delle unità abitative ha invece dimostrato di controllare efficacemente la diffusione dell’epidemia, con risultati tanto migliori se implementato il prima possibile.

Queste informazioni possono risultare utili per gli altri governi, come quello italiano, in maniera tale che essi raccomandino ai cittadini il comportamento più corretto e più efficace per debellare l’epidemia, riducendo al minimo l’impatto sanitario, sociale ed economico del COVID-19.

 

La Redazione di Med4Care

 

Fonti: