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Perchè rimandare i trattamenti PMA durante l’epidemia di Coronavirus?

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Perchè rimandare i trattamenti PMA durante l’epidemia di Coronavirus?

Dott. Amerigo Vitagliano
Dott. Amerigo Vitagliano
Medico Ginecologo
  • Marzo 16, 2020

Care coppie,

Il vostro tanto atteso trattamento di PMA è stato interrotto o posticipato a causa dell’emergenza Coronavirus? Siete rammaricati perché, dopo un’interminabile sequenza di visite ed accertamenti siete stati bloccati sul più bello?

Non temete, ben presto potrete ricominciare ad alimentare le vostre speranze di diventare genitori. Prima però, è utile apprendere le motivazioni che hanno spinto i Medici che vi hanno in cura ad interrompere i vostri trattamenti di PMA.

 

Covid è a volte asintomatica, per cui potreste avere contratto l’infezione senza saperlo

La COVID-19 sta mostrando elevata letalità nelle persone “fragili” (1) e può colpire anche le fasce d’età intermedie, seppur con letalità notevolmente inferiore. Il Coronavirus ha un periodo medio di incubazione di 5-7 giorni (2) e, in una percentuale ancora non chiara dei casi, può decorrere in maniera del tutto asintomatica o con scarsa sintomatologia. Pertanto virtualmente tutte le coppie candidate ai trattamenti PMA, anche qualora non presentassero sintomi clinici, potrebbero aver già contratto l’infezione.

 

Quali i rischi di proseguire i trattamenti di PMA in Italia in questo momento storico?

Il ruolo del medico che si occupa di PMA è di aiutare le coppie con difficoltà riproduttive ad esaudire il loro desiderio di genitorialità. Nell’adempimento del suo difficile compito, egli deve sempre porre al primo posto la tutela della salute della coppia e dell’eventuale nascituro. Vediamo quindi quali potrebbero essere i rischi legati all’attività:

–Rischio per la salute materno-fetale:

Allo stato attuale, esistono pochissimi dati sul possibile impatto della COVID-19 sul benessere materno-fetale (3). Su un campione di 150 donne circa l’8% ha sviluppato sintomi clinici severi e l’1% condizioni di salute critiche. Sebbene queste percentuali non sembrerebbero identificare la gestante come categoria a rischio clinico aumentato, la numerosità del campione esaminato è troppo esigua per trarre conclusioni rassicuranti. In aggiunta, ad oggi non esistono informazioni sull’impatto della COVID-19 contratta in periodo peri-concezionale (cioè a ridosso del concepimento) sulla salute embrio-fetale. Guardando alle epidemie del passato che vedevano come attori altri generi di Coronavirus, sia SARS-CoV che MERS-CoV, quando contratti in gravidanza, si associavano ad aumentato rischio di aborto e di morte fetale intrauterina. Riguardo all’ attuale epidemia, non siamo ancora in grado di escludere effetti analoghi ad opera di CoV-19.

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–Infezione del partner maschile e qualità del seme:

Al di là del concreto rischio di contagiare la partner (con le possibili sequele sopra descritte), un’eventuale infezione da CoV-19 durante il percorso di PMA potrebbe peggiorare la qualità del seme, e dunque condizionare negativamente il successo della procedura. Questa ipotesi appare più che verosimile prendendo in analisi i ben documentati effetti negativi di precedenti malattie da Coronavirus sui parametri seminali.

–Rischio di diffusione dell’infezione in ambiente sanitario:

Un aspetto molto importante da considerare, dalle conseguenze potenzialmente drammatiche, è il rischio di trasmissione dell’infezione al personale sanitario. Nel nostro paese moltissimi centri di PMA pubblici sono inseriti in contesti ospedalieri ove afferisce personale non dedicato, che si occupa cioè anche di altre attività oltre alla PMA (es. ginecologi, endocrinologi, infermieri di sala operatoria e di reparto, ostetriche, operatori socio-sanitari, psicologi). Un eventuale contagio del personale sanitario potrebbe causare una vera e propria catena di infezioni in ambito ospedaliero, che finirebbe invariabilmente col danneggiare le persone più fragili tra cui pazienti anziani, oncologici, chirurgici ed immunodepressi.

–Rischio di contrarre l’infezione per le coppie:

Partendo dalla summenzionata localizzazione di gran parte dei centri pubblici di PMA in ambito ospedaliero, ossia nelle stesse sedi in cui afferiscono le persone con infezione da CoVid-19, appare chiaro che tutti gli utenti sono esposti ad un aumentato rischio di contrarre l’infezione rispetto ad ambienti extra-ospedalieri.

–Sottrazione di risorse utili per la lotta contro il covid-19:

I trattamenti di PMA possono in rari casi esitare in complicanze che necessitano di ospedalizzazione, ed eventualmente di cure intensive. Seppur rare, la sindrome da iperstimolazione ovarica (circa 0.5-1% delle stimolazioni ovariche) ed le complicanze dopo prelievo ovocitario (circa 0.1% dei pick-up) possono aver bisogno di un ricovero ospedaliero. Fatta eccezione per ciò che concerne i trattamenti urgenti e non differibili (es. preservazione della fertilità in donne con tumori maligni), in questo momento è opportuno minimizzare il rischio di sottrarre posti letto ed altre risorse ospedaliere indispensabili per fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto.

 

Aver rimandato il trattamento avrà effetti negativi sui prossimi tentativi di PMA?

E’ bene ricordare in questo contesto che l’età anagrafica, in particolar modo quella femminile, è fortemente predittiva delle chances di successo delle tecniche di PMA omologa (cioè utilizzando i gameti della coppia), indipendentemente dal tipo di procedura effettuata. A tale riguardo, l’ultimo report dell’istituto superiore di sanità documentava un calo lineare delle probabilità di gravidanza per tentativo FIVET in relazione all’incremento dell’età femminile. Tale trend negativo è prevalentemente legato alla progressiva riduzione della riserva ovarica femminile (cioè il numero di ovociti presenti all’ interno delle ovaie) ed a processi di invecchiamento degli ovociti, che si ripercuotono negativamente sui tassi di fertilizzazione degli ovociti e sulla qualità degli embrioni.

Tuttavia, in assenza di patologie intercorrenti, nella singola coppia questi fenomeni riducono le chances di gravidanza in ampi intervalli temporali, dell’ordine di anni.

Dunque, siate sereni! Posticipare il vostro tentativo di PMA di qualche mese non sortirà alcun effetto negativo sulle vostre possibilità di diventare genitori.

Alla luce di quanto trattato nel presente articolo, appare chiaro che la scelta del vostro medico di sospendere temporaneamente il vostro trattamento di PMA ha numerose, valide, motivazioni. Come espresso dalla SIRU (Società Italiana di Riproduzione Umana) in un position paper del 10 Marzo in merito ad emergenza CoVid-19 e PMA, in questo momento “è necessario adottare prudenza ed agire secondo un principio di responsabilità e solidarietà nazionale, al fine di ritornare alla normalità in tempi brevi e poter rispondere al desiderio di avere un figlio il prima possibile”.

Dunque, nell’attesa di tornare alla normalità, mettiamo a riposo le cicogne per qualche settimana.

 

Dott. Amerigo Vitagliano, ginecologo

 

  • (1) superiore al 10% in soggetti over 80 e con patologie croniche
  • (2) stimata nello 0.2% in persone di età <40 anni e 0.4% nella fascia d’ età tra i 40 ed i 50 anni.
  • (3) In un recente report, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha descritto il decorso clinico di 147 donne in stato di gravidanza contagiate da COVID-19.
  • (4) dal 24,0% per le pazienti con meno di 35 anni, al 19,7% nelle donne tra i 35 ed i 39 anni, all’ 11,6% nelle donne di età compresa tra i 40 ed i 42 anni fino a calare al 5,7% per quelle con più di 43 anni

Positivo al covid-19: che terapie conviene iniziare?

  • coronavirus, Covid-19, fivet, ginecologo, PMA, procreazione medicalmente assistita
Dott. Amerigo Vitagliano
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