Alzheimer, malattia di Alzheimer

Alzheimer: l’autunno della mente

Indice

Prima una brezza impalpabile, poi un tornado: come la demenza di Alzheimer irrompe nella vita quotidiana

All’inizio si tratta di piccole dimenticanze: non ci si ricorda dove si sono messe le chiavi di casa, ci si scorda di prendere le medicine, non si trova il telecomando del televisore. Poi, più avanti, ci si scorda se si è già mangiato, se ci si è lavati, ci si dimentica se un nostro famigliare ci ha chiamato questa mattina o è venuto a farci visita.

Con il progredire della malattia dobbiamo ricordarci di come si affronta una rampa di scale, di quali sono i gesti che dobbiamo compiere per lavarci i denti, di come ci si prepara da mangiare. Poi la malattia a poco a poco ci toglie la gioia di riconoscere i volti famigliari, gli amici, di quelli che ci stanno attorno. Ognuno diventa un estraneo da cui ci dobbiamo difendere, di cui è meglio diffidare. Subentra la paura di essere soli, abbandonati in un mondo che prima era ai nostri piedi e adesso è straniero ed ostile.

La demenza è così. Nella maggior parte dei casi insorge in maniera subdola, lenta, si infiltra nella vita del paziente fino ad annullarne la personalità causando estrema sofferenza nel paziente stesso e nei famigliari che devono prendersene cura.

Cogliamo l’occasione per conoscere un po’ meglio questa malattia e capire come si può affrontarla assieme.

Un po’ di storia della malattia di Alzheimer

Il primo a descrivere sistematicamente la malattia fu il medico tedesco da cui prende il nome: Aloysious Alzheimer (Marktbreit 1864 – Breslavia 1915) e lo fece partendo da un caso clinico, quello della signora Auguste Deter, che viene comunemente considerata come la prima malata di Alzheimer effettivamente riconosciuta.

La paziente era andata incontro ad un progressivo declino cognitivo accompagnato da idee di gelosia nei confronti del marito, cambiamenti di personalità, confusione mentale e disorientamento. Auguste perse progressivamente la parola e divenne, con il tempo, apatica e passiva fino alla morte, sopraggiunta dopo un lungo periodo di allettamento, per le complicanze infettive di una lesione da pressione. Il dottor Alzheimer, alla morte della paziente, ne esaminò la storia clinica e le caratteristiche anatomiche del suo cervello, ponendo le basi per la comprensione della malattia.

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Un ulteriore passo in avanti fu dato dallo studio delle particolarità del cervello di altri pazienti con la stessa forma di demenza, al quale diede un notevole contributo l’allievo italiano di Alzheimer, Gaetano Perusini (Udine 1879 – Cormons 1915) tanto che in alcuni paesi la malattia è definita come Demenza di Alzheimer-Perusini. Si dovettero però attendere gli anni 70 del secolo scorso perché la patologia venisse riconosciuta ufficialmente. Da allora sono stati compiuti grandi passi avanti nel definire le basi genetiche e patologiche della malattia ma molto rimane ancora da studiare (1)

I numeri della malattia (epidemiologia)

L’Alzheimer rappresenta la causa più comune di demenza. La prevalenza totale della malattia di Alzheimer in Europa è del 5%, nelle donne arriva al 7% mentre per i maschi è del 3% e tende ad aumentare con l’età. Il numero dei nuovi casi ogni anno è di circa 11 persone su 1000 ogni anno e, anche in questo caso, aumenta con l’età (2).

In Italia l’incidenza è stimata attorno al ai 7 casi ogni 1000 abitanti per anno, risultando maggiore nelle donne (9) rispetto agli uomini (5). (3)

L’utilizzo del cannabidiolo (CBD) ha recentemente suscitato un certo interesse nella comunità scientifica per il suo potenziale terapeutico nelle patologie neurodegenerative, tra cui la malattia di Alzheimer.Attualmente non esiste una cura definitiva per l’Alzheimer e i trattamenti disponibili sono mirati a gestire i sintomi e rallentarne la progressione.

Come riconoscerla

La demenza di Alzheimer si caratterizza per una progressiva perdita della capacità cognitive e mnemoniche: il paziente colpito tende a sviluppare gradualmente disturbi di memoria il cui esordio può coincidere con un evento traumatico per l’organismo, come un episodio febbrile, un trauma cranico o un intervento chirurgico.

Con il progredire della malattia vengono compromesse anche altre funzioni: può emergere una difficoltà nel sostenere un discorso o nello scrivere perché il cervello fatica a richiamare alla memoria i termini e le parole necessarie, qualche volta il paziente presenta ecolalia, ovvero tende a ripetere alcune parole o intere frasi all’interno di un discorso.

Altre manifestazioni della fase avanzata di malattia possono comprendere le allucinazioni e/o la comparsa di comportamenti sessuali anomali, viene progressivamente persa la capacità di provare affetto ed il carattere si appiattisce, fino ad arrivare alla completa indifferenza.

Lo stesso disinteresse viene esteso anche al cibo, il paziente perde peso e, progressivamente le proprie funzioni sfinteriali divenendo quindi incontinente (4).

In questo recente studio si è cercato di verificare se la proteina CHI3L1 possa essere utilizzata come marker per stabilire la gravità della malattia di Alzheimer.

Quali sono le cause? (Eziologia)

L’Alzheimer si presenta come una malattia multifattoriale, ciò significa che sono diverse le cause che concorrono al suo sviluppo.

Per quanto riguarda le basi biologiche della malattia, ovvero i meccanismi organici alla base dei danni al cervello che si riscontrano nell’Alzheimer, molto deve essere ancora chiarito ma attualmente i ricercatori stanno concentrando la loro attenzione sulla struttura di quelle che vengono chiamate placche senili (5).

Si tratta di formazioni rinvenute nel cervello dei pazienti colpiti dalla malattia ed il cui sviluppo sembra essere legato a tre aspetti, l’accumulo di amiolide, della cosiddetta proteina Tau e il danno neuronale conseguente (6).

Semplificando possiamo affermare che il cervello delle persone colpite dalla malattia di Alzheimer sviluppa delle proteine anomale il cui accumulo, in particolare attorno alle arterie che portano il sangue alla corteccia cerebrale, determina un danno strutturale dei neuronie questo porta all’insorgenza dei sintomi di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente (7).

Negli ultimi anni particolare attenzione è stata posta anche alla componente genetica della malattia: chi ha avuto casi di Malattia di Alzheimer in famiglia, infatti, viene considerato maggiormente a rischio di sviluppare la stessa forma di demenza. Sono in corso numerosi studi atti ad identificare con sempre maggior precisione le alterazioni genetiche alla base dello sviluppo di questa patologia; ciò consentirà in un prossimo futuro lo sviluppo di farmaci che vadano ad intervenire specificatamente sui meccanismi dell’insorgenza (8).

I disturbi del sonno sembrerebbero coinvolti nella patogenesi e nella progressione della malattia di Alzheimer; scopriamolo insieme in questo recente studio.

Il paziente e la sua famiglia

L’impatto della malattia di Alzheimer è di notevole importanza non solo per il paziente stesso, ma anche per i famigliari che devono prendersene cura. La malattia infatti comporta una perdita totale di autonomia e una comparsa di varie altre malattie associate alla perdita di autonomia stessa: uno studio canadese ha evidenziato come i famigliari dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer presentino molto più spesso domande di aiuto nell’assistenza rispetto ai famigliari di pazienti affetti da altre malattie croniche (9).

Il rischio, per chi si prende cura di un malato di Alzheimer, è che la complessità della patologia e i notevoli bisogni del malato tendano ad assorbire tutte le energie di chi assiste il malato. Per tale ragione riportiamo di seguito degli indirizzi utili per il supporto e la condivisione delle problematiche di assistenza:

Associazione italiana malati di Alzheimer
http://www.alzheimer-aima.it/

The Charles F. and Joanne Knight Alzheimer’s Disease Research Centre*
http://alzheimer.wustl.edu/

Alzheimer’s Disease International*
http://www.alz.co.uk

Alzheimer’s Association*
http://www.alz.org/index.asp

* In inglese

Attualmente molti studi si stanno concentrando sulla relazione che può sussistere tra la depressione e l’insorgenza di particolari patologie, come la Malattia di Alzheimer.Questa patologia è la manifestazione più grave della demenza e condivide alcune caratteristiche con i disturbi depressivi tra cui la perdita di motivazione a svolgere le attività quotidiane.

Per concludere

L’Alzheimer è una malattia subdola, i cui sintomi si sviluppano a poco a poco privando il paziente delle normali funzioni del suo cervello fino ad annullarne l’identità. Chi si occupa dell’assistenza a questo tipo di malati deve poter contare su un supporto continuo e, soprattutto, sul continuo progresso nel campo della conoscenza di questa patologia. La giornata mondiale dell’Alzheimer cade il 21 settembre ed è un’occasione importante per parlare e condividere informazioni in merito a questa forma di demenza di cui molti parlano ma della quale si conosce ancora troppo poco.

Sembrerebbe che il nuovo farmaco Lecanemab dia risultati soddisfacenti nel rallentare il declino cognitivo dei pazienti affetti da Malattia di Alzheimer. Scopriamolo insieme in questo recente studio.

Bibliografia: fonti e note

  1. G. Cipriani, C. Dolciotti, L. Picchi M., U. Bonuccelli: Alzheimer e la sua malattia: una breve storia.
  2. Niu H, Álvarez-Álvarez I, Guillén-Grima F, Aguinaga-Ontoso I. Prevalence and incidence of Alzheimer’s disease in Europe: A meta-analysis. Neurologia. 2017 Oct;32(8):523-532.
  3. Di Carlo A et al. Incidence of dementia, Alzheimer’s disease, and vascular dementia in Itay. The ILSA study. J Am Geriatr Soc 2002;50:41-8
  4. L. Bergamini, B. Bergamasco, R. Mutani, Manuale di Neurologia Clinica, Ed. libreria Cortina 2001.
  5. Silverberg N et al. NIA commentary on the NIA-AA research framework: Towards a biological definition of Alzheimer’s disease. Alzheimers Dement. 2018 Apr 10.
  6. Jack CR et al. NIA-AA Research Framework: Towards a Biological Definition of Alzheimer’s Disease. Alzheimers Dement. 2018 Apr 10
  7. Lahiri DK. Unrevealing nature’s secrets, from neurons and memory to brain disorders: exploring the new frontier of Alzheimer’s disease. Curr Alzheimer Res. 2004
  8. V. Chouraki, S. Seshadri. Genetics of Alzheimer’s disease. In Advances in Genetics, Volume 87, 2014.
  9. Caregiver and patient – Directed intervention for dementia. An evidence-based analysis. Ontario Health Technology Assessment Series 2008; Vol. 8, No. 4

Secondo questo recente studio sembrerebbe esserci una relazione tra i sonnellini diurni e lo sviluppo/progressione della malattia di Alzheimer nei pazienti anziani.