Cronaca dalla prima linea: una lezione di umiltà

Antefatto
  • PRIMARIO: “Ciao Marco, nell’ospedale X-SOLO-COVID hanno parecchio bisogno. Mi hanno chiesto di andare a dargli il cambio. Vieni con me, così mettiamo un po’ di gente a riposare?”
  • MARCO: “Sì certo, quando andiamo?”
  • PRIMARIO: “Domani”. Vieni pure alle 7:45 perché tanto si trova sempre posto in parcheggio ultimamente!
  • MARCO: “Ok, ci vediamo lì”

 

L’ingresso

Giorno seguente. Arrivo al parcheggio, in effetti c’è parecchio posto. Molto silenzio. Trovo subito la rianimazione, suono mi aprono ed entro. Continuo a camminare per i corridoi, nessuno mi viene incontro, sono tutti affaccendati. Finalmente arriva qualcuno. Un’infermiera mascherata che con due occhi raggianti mi saluta stanca e felice, mi dice che oggi siamo in due nuovi medici in arrivo a dar man forte. Sentimenti contrastanti: a metà tra la gratitudine di avere qualche nuova forza fresca e l’eccitazione di vedere qualcosa di diverso. Capirò poi come mai.

 

Una voce familiare

Ad un certo punto sento una voce nota, che non avrei pensato di sentire lì. È quella di Andrea, che conosco bene da lungo tempo, di recente nominato primario del pronto soccorso dell’ospedale, mi chiedo che cosa ci faccia lì in Rianimazione. Mi avvicino: anche lui è sorpreso e felice di vedermi! Mi spiega che ha lasciato il suo vice-primario in pronto soccorso e che è venuto in Rianimazione per dare una mano, per fare esperienza e imparare un po’ di rudimenti di ventilazione, insomma per fare una sorta di mini-corso da anestesista-rianimatore che gli permetta di dare una mano senza essere di intralcio.

Lo guardo. Resto attonito. Per la sua umiltà. Ma come, si potrebbe dire: “uno che arriva a fare il primario, viene a imparare i rudimenti di un’altra materia in un altro reparto?” Umiltà. Quella che dovrebbero avere tutti, nella vita. Non solo i medici. L’umiltà di apprendere sempre cose nuove da chiunque, di essere curioso, di non dare la propria capacità per scontata, di saper ascoltare.

Nella mia esperienza ho sempre cercato di fare tesoro di quella degli altri. Vedere un collega che fa qualcosa di giusto o di sbagliato, se presa in modo critico, ti aiuta per imparare cosa fare o cosa NON fare domani. Saper calcolare i rischi è proprio il nostro mestiere.

Eh sì, perché il medico non è la persona infallibile, anzi. Specialmente nelle situazioni difficili come queste, se non rischi, non ottieni risultato. Le sperimentazioni, le facciamo “a caso”, testando farmaci non ancora collaudati. Sulla pelle della gente? Sì, fermandosi a somministrarlo quando ti accorgi che crea più danno che beneficio. Perché non tutti i pazienti sono uguali!

Saper osare, mettersi in discussione, volersi migliorare sempre, con umiltà e coraggio. Queste sono le doti che apprezzo di più nei miei colleghi. E in Andrea. Lui è stato per me il prototipo del medico-modello. Uno da cui sarei sereno nel farmi curare. Sempre sorridente ed entusiasta. Mai a tirarsi indietro. Inquieto, ha cambiato i reparti come fossero vestiti. Perché se non ha una sfida davanti non è mica contento.

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Un collega che, per quanto già “arrivato”, di fronte all’emergenza si è subito rimesso in gioco. Un generale che segue le truppe per imparare da loro.

Ci siamo guardati negli occhi, io con stupore e riconoscenza, lui con desiderio di imparare, e ci siamo vestiti assieme.

 

 

È stato lui a voler farci fare questa foto ricordo di un’esperienza indimenticabile. E dopo la foto, via, dentro alle stanze sigillate, dove mi ha seguito per “rubarmi il mestiere”! Per scoprire ed imparare qual è l’attività di gestire un paziente covid, critico. Ma questa è già la storia per domani!

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin

 

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