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Che fine fanno i virus?

Che fine fanno i virus?

Di recente si è spesso sentito parlare di “lotta contro il virus”, quel microrganismo dalle dimensioni estremamente piccole e visibile solo al microscopio elettronico tra i 20 e i 300 nanometri, capace di infettare qualsiasi essere vivente – dalla pianta, all’animale, fino all’uomo – e trasmettersi tra le varie specie. Abbiamo già approfondito in un precedente articolo che cosa sono questi microrganismi. Vediamo ora che fine fanno i virus, quali sono le armi a nostra disposizione per “sconfiggerli” e i due principali possibili destini a cui essi vanno incontro.

 

Come vive un virus?

Ebbene, il virus è tanto pericoloso per la sua infettività quanto dotato di un notevole “punto debole” insito nella sua stessa natura. È un parassita obbligatorio, ovvero non è in grado di replicarsi – e dunque sopravvivere – autonomamente, poiché non possiede tutto l’apparato metabolico necessario a nutrirsi e riprodursi. Ha, dunque, necessità imprescindibile di un ospite, un altro organismo vivente di cui poter sfruttare proteine e meccanismi per garantirsi una propria sopravvivenza.

Per tale motivo la maggioranza dei virus non sopravvive in un ambiente “esterno”, o non vi riesce per più di un tempo molto limitato, andando inevitabilmente incontro a morte.

 

Quali sono le armi utilizzabili contro i virus?

Sono identificabili sulla base della tipologia di virus e sulle conoscenze che si hanno del loro modo di insinuarsi nell’organismo ed alterarne le funzioni: i virus, difatti, utilizzano le vie metaboliche dell’ospite in cui si trovano, rendendo dunque possibile combatterli andando ad agire proprio su quelle stesse vie – un’azione, purtroppo, non priva di conseguenze per l’organismo stesso.

Le armi a nostra disposizione, tutt’oggi, sono principalmente due:

  • Le vaccinazioni: forniscono la cosiddetta “immunità”, ovvero prevengono gli effetti dell’infezione, o l’infezione stessa, prima che questa venga contratta dall’individuo. In poche parole, essi “preparano” l’organismo e le sue difese immunitarie a combattere il virus nel caso in cui questo si presenti, senza perdere tempo prezioso nella produzione di quelle stesse difese immunitarie – un tempo che, alle volte, può risultare di vitale importanza. Alcuni esempi di virus per i quali esiste una vaccinazione e, dunque, un modo preventivo per evitare la malattia, sono l’antinfluenzale, il morbillo, le epatiti A e B, la poliomelite, la parotite. Per quanto riguarda il vaiolo, il vaccino ha addirittura permesso la sua eradicazione. Per saperne di più sui vaccini vi rimandiamo al seguente articolo: I vaccini: come funzionano e come vengono prodotti.
  • I farmaci antivirali: sono una sorta di “inganno” per il virus, poiché contengono una componente estremamente simile a quella del virus, il quale erroneamente la ingloba durante la sua replicazione nell’organismo ma, trattandosi di un “falso”, va a bloccare questa replicazione, impedendo dunque al virus di propagarsi e causare malattia. Alcuni esempi di farmaci sono Aciclovir, utilizzato contro l’Herpes Simplex, o Lamivudina, impiegato contro l’HIV e l’Epatite B.

 

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Grazie a queste armi, possiamo valutare il primo destino dei virus: la morte. Una volta che il virus viene “bloccato”, dunque gli viene impedito di replicarsi o viene semplicemente decomposto, intervengono cellule dette fagociti che “inglobano” quello che resta del virus e lo distruggono.

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Le mutazioni dei virus

Tuttavia, i virus hanno una caratteristica fondamentale spesso causa dell’inefficienza delle misure adottate contro di loro: la capacità di mutare il proprio assetto genetico. I virus, in quanto composti principalmente da RNA e DNA (materiale genetico presente anche nelle nostre cellule umane), grazie ad un processo biochimico-genetico indotto dalla selezione naturale o dalla più spontanea evoluzione, sono in grado di generare delle varianti di se stessi che li portano ad assumere caratteristiche anche molto differenti dall’originale. Questo secondo destino di tali microrganismi, che li vede quindi sopravvivere, può essere dovuto a meccanismi interni del virus, come errori spontanei e casuali nella replicazione o la correzione degli errori stessi, oppure a meccanismi esterni, quindi dovuti all’ospite che interviene sul virus.

 

Dunque, in questa seconda “via” percorribile dai microrganismi, essi non vengono uccisi, ma cambiano il loro aspetto quanto basta per non essere più riconosciuti nella loro forma precedente, dando origine ad un “nuovo” virus a discapito di quello “vecchio” – risultando quindi “spariti”, pur essendo in realtà solo mutati.

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin

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Fonti:

 

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