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Il COVID-19 è sensibile al calore?

Il Covid-19 è sensibile al calore?

Sin dall’inizio dell’epidemia da COVID-19 sono state avanzate diverse teorie a proposito della sensibilità del virus al calore.

In molti hanno sostenuto l’idea che il nuovo Coronavirus potesse essere suscettibile agli aumenti di temperatura, sperando quindi nella sua progressiva scomparsa con il cambio di stagione.

Anche i media hanno diffuso questa teoria, infondendo speranza negli spettatori.

Una teoria, però, rimane tale finché non viene testata e perciò in questi casi è molto importante fare esperimenti per capire se l’intuizione sia veritiera o meno.

 

I presupposti

Dall’inizio di marzo, l’epidemia si è concentrata principalmente nei territori estesi tra 30°N e 50°N, che si trovano nel periodo dell’anno che corrisponde alla fine dell’inverno. Per questo motivo, si è proposto che l’epidemia potesse dipendere dalla temperatura, e che diminuirebbe sensibilmente con l’arrivo di temperature primaverili ed estive più calde. Ad avvalorare questa idea, ha sicuramente influito il fatto che questo comportamento è tipico di molti virus che colpiscono il sistema respiratorio umano, tra cui la SARS.

Tuttavia, i dati recenti aggiornati fino al 26 marzo 2020 hanno rivelato la diffusione dell’epidemia in territori come i tropici, che attualmente registrano temperature calde. Alcuni di questi paesi sono ad esempio l’Indonesia, Singapore ed il Brasile. Lo stesso si è verificato nell’emisfero meridionale, in paesi come Australia ed Argentina. 

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L’attuale distribuzione delle epidemie va quindi in contrasto con l’idea secondo cui SARS-CoV-2 potrebbe comportarsi come un virus respiratorio stagionale.

Per fare chiarezza è stata dunque esaminata la relazione tra il tasso esponenziale apparente della diffusione SARS-CoV-2 e il numero riproduttivo di base dell’infezione (R0), con la temperatura media giornaliera, tra le nazioni e le province cinesi.

Nota: il fattore R0 rappresenta il numero medio di individui infettati da un individuo infetto nel corso del suo periodo infettivo, supponendo che ogni altro individuo nella popolazione sia suscettibile.

Come è stato condotto l’esperimento

Per prima cosa, sono stati raccolti i dati necessari:

  • Dati clinici ed epidemiologici: quelli presi in considerazione sono relativi al periodo compreso tra il 31 dicembre 2019 ed il 26 marzo 2020 e sono stati presi solo quelli provenienti dai rapporti dell’OMS, dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) e dal Johns Hopkins CSSE.
  • Dati sulla temperatura: la temperatura media di febbraio e delle prime tre settimane di marzo sono state registrate nelle capitali delle varie nazioni, e considerate come riferimento per l’intero paese di appartenenza.

Sulla base dei dati raccolti, è stato poi condotto lo studio volto a capire se la diffusione del virus sia influenzata dall’aumento delle temperature o meno.

 

Confronto fra i dati raccolti

Nelle tabelle riportate di seguito, possiamo notare come vengano messe a confronto R0, che ricordiamo essere il numero medio di individui infettati da una persona infetta, e le temperature medie mondiali. 

Si noti come, già ad un primo sguardo, i valori presi in considerazione si comportino in maniera del tutto indipendente. 

 

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Ad esempio, in luoghi molto caldi come il Sud America e l’Indonesia abbiamo R0 minore di paesi anche molto più freddi, come il Nord America e l’Europa. Allo stesso tempo, paesi freddi come Ucraina e Turchia hanno R0 molto maggiore di paesi più caldi come l’Australia.

 

I risultati

Al termine dello studio, quanto emerso mostra che non v’è alcuna dipendenza tra la temperatura atmosferica e la trasmissione del virus. Quanto sperato e teorizzato in precedenza, perciò, non è stato validato dai dati sperimentali.

Ad oggi, quindi, non vi sono prove che lascino pensare che esista una dipendenza termica della trasmissione. Questa osservazione vale per il range di temperature tra -10°C e +31°C, considerando tutte le nazioni interessate. 

Purtroppo, rimane ad oggi infondato aspettarsi che SARS-CoV-2 si comporti come un virus stagionale.

 

Med4Care Marco De Nardin
Dott. Marco De Nardin

Bibliografia:
  • Tahira Jamil, Intikhab Syed Alam, Takashi Gojobori, Carlos Duarte. No Evidence for Temperature-Dependence of the COVID-19 Epidemic. doi: https://doi.org/10.1101/2020.03.29.20046706 
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  • Tan, J., Mu, L., Huang, J., Yu, S., Chen, B., and Yin, J. (2005). An initial investigation of the association between the SARS outbreak and weather: with the view of the environmental temperature and its variation. Journal of Epidemiology & Community Health 59, 186-192. 
  • Wang, M., Jiang, A., Gong, L., Luo, L., Guo, W., Li, C., Zheng, J., Li, C., Yang, B., and Zeng, J. (2020). Temperature significant change COVID-19 Transmission in 429 cities. medRxiv.

 

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