CBD

CBD o Cannabidiolo: che cos’è e quali sono i suoi effetti terapeutici

Indice

Il sistema endocannabinoide (ECS)

Il sistema endocannabinoide è un sistema fisiologico che agisce nel corpo umano per modulare una serie di attività biologiche, come il controllo del dolore e dell’infiammazione.

Attualmente sono noti due recettori presenti nell’organismo che prendono parte al sistema endocannabinoide, denominati CB1 e CB2¹.  Il recettore CB1 si localizza in tantissimi tessuti del corpo e risulta abbondantemente espresso nel cervello mentre il recettore CB2 limita invece la sua presenza ad alcune popolazioni di cellule cerebrali e a diversi tipi di cellule infiammatorie, come i macrofagi.

Questi due recettori sono in grado di legare sia sostanze cannabinoidi prodotte dall’organismo stesso (endocannabinoidi) sia sostanze derivate dalla pianta della Cannabis (fitocannabinoidi), con affinità differenti a seconda del tipo di ligando.

Le funzioni del sistema endocannabinoide

In generale, si può affermare che il sistema cannabinoide gioca un ruolo cruciale nel mantenimento dell’omeostasi del corpo, intervenendo quando subentrano alterazioni che possono inficiare sulla normale fisiologia dell’organismo.

Ad oggi, è noto che l’ECS contribuisce alla modulazione del dolore e dell’infiammazione, ma interviene anche in altre svariate attività biologiche come:

  • Controllo del ritmo sonno/veglia;
  • Controllo dell’appetito;
  • Riduzione del consumo energetico;
  • Modulazione della plasticità sinaptica;
  • Controllo dello stress e delle reazioni emotive;
  • Inibizione della peristalsi intestinale;
  • Inibizione (in vitro) della proliferazione cellulare. [1]

Il ruolo del CBD all’interno del sistema endocannabinoide

Il CBD (cannabidiolo) è una delle diverse molecole contenute all’interno della pianta della Cannabis, e pertanto note come fitocannabinoidi.

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La sostanza probabilmente più conosciuta facente parte dei fitocannabinoidi è il THC (tetraidrocannabinolo), il quale interagisce con il sistema cannabinoide ed esercita un ruolo psicoattivo.

Il CBD interagisce, oltre che con l’ECS, con molti target molecolari presenti nell’organismo e, a differenza del THC, non sortisce effetti psicoattivi.

CBD

Il CBD vanta molte proprietà benefiche per l’organismo come gli effetti antinfiammatori, anticonvulsivanti e antiossidanti ma spesso si percepiscono ancora timori circa la sua estrazione e il suo utilizzo.

Difatti, essendo un fitocannabinoide, il CBD viene ottenuto dalla pianta della Cannabis, la quale è bandita da tutte le istituzioni anti-doping. A causa del THC, che esercita un diretto effetto psicoattivo ed è ritenuta una droga potenzialmente pericolosa, molti atleti si sottopongono periodicamente a un controllo delle urine per la ricerca di questo metabolita.

Al contrario, il CBD potrebbe addirittura risultare vantaggioso negli atleti a causa del suo potere antinfiammatorio e antiossidante e, per tale ragione, i suoi potenziali effetti terapeutici vengono studiati con interesse nella ricerca medico-farmacologica. [1],[2]

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CBD e infiammazione

Il CBD esercita attivamente delle proprietà antinfiammatorie, soprattutto nel contesto della neuroinfiammazione, condizione riscontrabile in molte patologie, come la Malattia di Alzheimer e la sclerosi multipla.

Attraverso il legame con il recettore CB2, il cannabidiolo inibisce la produzione di citochine infiammatorie primarie come il TNF-α e sopprime la trascrizione di importanti geni coinvolti nel processo dell’infiammazione, spegnendola alla base.

Attività antiossidante del cannabidiolo

Il CBD influenza anche il bilancio ossidativo dell’organismo, contrastando l’azione delle cosiddette ROS, o specie reattive dell’ossigeno.

Le ROS sono delle molecole assai deleterie per l’omeostasi cellulare e, agendo da radicali liberi, danneggiano vari costituenti della cellula, come i lipidi e le proteine di membrana.

In maniera similare a quanto avviene per l’infiammazione, attraverso l’interazione con il PPAR-Ɣ, il cannabidiolo controlla in negativo la trascrizione di vari geni ad attività pro-ossidante, esercitando dunque una globale azione antiossidante. [1],[2],[3]

CBD e malattie autoimmuni

Un altro aspetto molto interessante che riguarda il CBD è la sua interazione con l’ECS del distretto gastro-intestinale e il suo possibile ruolo terapeutico nel trattamento delle MICI, o Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino.

Le MICI, tra cui rientrano la Malattia di Crohn e la Colite Ulcerosa, sono delle patologie in cui si instaura un quadro di infiammazione cronica a livello intestinale, la quale produce sintomi come diarrea frequente, dolore addominale, ipersensibilità intestinale e talvolta febbre.

È stato appurato che il CBD si lega ad appositi recettori CB1 presenti nelle terminazioni nervose intestinali, inibendo la peristalsi intestinale e la secrezione e attenuando dunque i fenomeni diarroici.

Inoltre, interagendo con recettori CB2 presenti sui macrofagi del sistema enterico, il CBD potrebbe contribuire notevolmente al processo di riparazione e di guarigione delle lesioni che, con andamento cronico-recidivante, si osservano nelle MICI.

Altre patologie autoimmuni

Il CBD mostra dei possibili effetti terapeutici anche nel trattamento di altre patologie autoimmuni, tra cui il lupus eritematoso (LES), l’artrite reumatoide e la psoriasi.

A questo scopo, il cannabidiolo potrebbe rivelarsi utile come agente anti-artritico in quanto ostacola l’attività dei fibroblasti sinoviali responsabili della formazione del cosiddetto panno sinoviale, che limita la funzionalità delle articolazioni colpite dall’artrite reumatoide.

Per quanto riguarda la psoriasi, l’interazione con il recettore CB1 presente sui cheratinociti da parte del CBD potrebbe dimostrarsi promettente, poiché inibirebbe la proliferazione dei cheratinociti stessi. Questi ultimi prendono parte, infatti, alla formazione delle tipiche placche squamo-eritematose che contraddistinguono la psoriasi. [2]

CBD nella depressione e nel declino cognitivo

L’utilizzo del CBD nel trattamento della depressione è anche oggetto di ricerca costante, dal momento che i moderni farmaci antidepressivi e ansiolitici generano spesso anche un insieme di effetti collaterali non indifferenti per il paziente.

Tramite l’interazione diretta con il sistema endocannabinoide e quella indiretta con il sistema serotoninergico, esperimenti condotti su topi hanno messo in luce come il CBD sia in grado di allievare lo stress cronico e prevenire fenomeni depressivi.

CBD e malattie neurodegenerative

Mediante la modulazione diretta con il recettore CB2, il quale è abbondantemente espresso nelle cellule infiammatorie del SNC, il CBD potrebbe anche rappresentare una futura arma terapeutica per la cura di varie condizioni neurologiche.

Nella Malattia di Alzheimer, dove si assiste a un importante declino cognitivo causato dall’eccesso di deposito di β-amiloide e di tau-proteina, il CBD può attenuare il fenomeno della gliosi riparativa e ridurre le concentrazioni sia della tau-proteina che della β-amiloide. 

Nella Malattia di Parkinson, invece, il CBD interagisce in maniera parziale con il recettore 5-HT1A della serotonina, determinando effetti antipsicotici, ansiolitici e, in alcuni casi, anche anticatalettici, prevenendo dunque anche i disturbi del sonno. [2], [4]

CBD ed epilessia

Uno dei pochi esempi in cui il cannabidiolo purificato ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio come farmaco consiste nell’Epidiolex, una soluzione orale a base di CBD, adoperata per il trattamento di forme gravi di epilessia pediatrica.

L’epilessia è una malattia neurologica in cui si assiste alla manifestazione di crisi convulsive più o meno intense e il CBD, in qualità di agente anticonvulsivante, può rappresentare un valido supporto alla terapia.

Come anticipato, questa soluzione orale a base di CBD è utilizzabile come indicazione terapeutica in forme molto gravi di epilessia intrattabile nei bambini, come nella Sindrome di Lennox-Gastaut, al fine di gestire l’entità delle convulsioni. [1],[2]

CBD e cancro: potenzialità future

L’utilizzo dei fitocannabinoidi a scopo medico è da tempo autorizzato negli Stati Uniti per il trattamento di pazienti affetti da cancro allo stadio terminale o in fase di anoressia-cachessia, con associata perdita di appetito.

Alcuni farmaci che contengono una miscela di THC e di CBD sono somministrati sotto forma di spray mucosali e contribuiscono a far sopportare meglio il dolore e il pesante carico collaterale derivato dall’uso dei chemioterapici antineoplastici.

Oltre che supportare il paziente con tumore in fase avanzata, vi sono delle ipotesi da confermare secondo cui il CBD potrebbe svolgere un’attività antitumorale.

Interagendo infatti con i recettori CB1 e CB2, il CBD potrebbe sopprimere la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali, potenziando il meccanismo di apoptosi.

CBD come futuro farmaco antitumorale?

Nonostante il CBD possa avviare il processo di apoptosi in cellule in fase di crescita incontrollata e forse risultare anche utile contro le metastasi, la strada da percorrere è ancora lunga perché possa essere immesso in commercio come farmaco antitumorale.

Il cancro è infatti una patologia estremamente complessa e difficilmente inquadrabile in tutte le sue sfaccettature e, allo stesso tempo, tutti i meccanismi di azione del CBD non sono ad oggi pienamente compresi.

Per tale ragione, bisognerebbe investire maggiormente nei processi industriali di sintesi chimica del CBD e valutare la sua azione prima in studi in vitro e poi in vivo. [1],[2]

Considerazioni finali

Il CBD (cannabidiolo) è una delle molecole fitocannabinoidi più importanti estratte dalla pianta della Cannabis, capace di interagire con il sistema endocannabinoide dell’organismo.

Attraverso l’interazione con i recettori CB1 e CB2, il CBD modula una serie di funzioni fisiologiche rilevanti tra cui il controllo del dolore e l’attenuazione dei processi infiammatori e antiossidanti.

A causa del fatto che anche il THC è un fitocannabinoide estratto dalla Cannabis, la coltivazione della pianta e l’estrazione di alcune molecole procede con alcune difficoltà, a seconda della legislazione vigente nei vari Paesi.

A differenza del THC, il CBD non sortisce però effetti psicoattivi ma sembra essere coinvolto persino in meccanismi antitumorali e neuroprotettivi. Attualmente è approvato, in varie preparazioni farmaceutiche, per il trattamento di forme gravi di epilessia e per la gestione del dolore in stati particolari, come quello neoplastico.

Bibliografia: fonti e note

[1] Clementi F, Fumagalli G, Chiamulera C. Farmacologia Generale E Molecolare: Il meccanismo d’azione dei farmaci. Milano: Edra; 2018.

[2] Luz-Veiga M, Azevedo-Silva J, Fernandes JC. Beyond Pain Relief: A Review on Cannabidiol Potential in Medical Therapies. Pharmaceuticals 2023;16:155.

[3] Rapin L, Gamaoun R, El Hage C et al. Cannabidiol use and effectiveness: real-world evidence from a Canadian medical cannabis clinic. J Cannabis Res. 2021 Jun 23;3(1):19.

[4] Casarejos MJ, Perucho J, Gomez A et al. Natural cannabinoids improve dopamine neurotransmission and tau and amyloid pathology in a mouse model of tauopathy. J Alzheimers Dis. 2013;35(3):525-39.

Nota 1. Altri autori stanno studiando le caratteristiche di altri recettori affini, come il GPR55 e il TRPV1, al fine di aggiungerli, eventualmente, ai due recettori classici per i cannabinoidi.