Come mai non riusciamo a fare molti più tamponi per il Coronavirus?

Come mai non riusciamo a fare molti più tamponi per il Coronavirus?

Mi sono chiesto recentemente, come forse molti di voi, come mai non riusciamo a fare molti più tamponi per il Coronavirus. Così ieri ho sentito al telefono un primario di uno dei più importanti laboratori del Veneto che mi ha aiutato a comprendere meglio i problemi. Ecco cosa ne ho ricavato.

 

Il motivo della domanda: come mai non riusciamo a fare più tamponi per il Coronavirus?

La domanda che ho posto al primario del laboratorio nasceva da una situazione concreta. Ieri mi sono ritrovato a dover gestire tanti pazienti isolati in reparto di rianimazione in attesa del risultato del tampone faringeo, che tardava ad arrivare! Abbiamo dovuto attendere ben 18 ore per ciascun paziente per avere una risposta. Francamente, lo ritenevo un tempo inaccettabile. Per questo motivo mi sono fatto vivo energicamente con lui, per capire cosa poteva essere andato storto.

Così facendo ho capito che la situazione è molto diversa da quella che potevo immaginare.

 

Come funziona il test diagnostico per il tampone faringeo

Per processare un tampone faringeo occorre fare un test diagnostico specifico che consiste nella amplificazione del RNA virale. I frammenti di virus o il virus intero nel campione che si analizza sono in quantità esigue per poter essere misurate direttamente. Così si devono moltiplicare miliardi di volte fino a raggiungere la soglia di lettura dei nostri macchinari. Se il virus è presente, allora viene amplificato e il risultato del test è positivo. Se non è presente, il sistema di amplificazione non amplifica nulla e il risultato del test è negativo.

Il sistema di amplificazione, per semplificare, consiste nel fatto che alcuni reagenti molecolari siano in grado di appiccicarsi al virus e quindi di ricopiarne una parte.

Per una maggiore profondità di lettura di questo argomento rimandiamo ad un articolo dedicato.

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La disponibilità di macchinari e reagenti

Da quanto scritto sopra capiamo come per processare un campione biologico per il Coronavirus occorrono due elementi: i macchinari di amplificazione e i reagenti.

I macchinari specializzati sono prodotti soltanto da alcune ditte specifiche, prevalentemente americane. Non sono macchinari che si possano produrre così velocemente anche da parte di altre ditte o industrie che possano riconvertirsi in breve tempo. Occorre esperienza e occorre che siano validati perché il responso del test sia affidabile.

I reagenti, dicevamo, sono sequenze di nucleotidi di qualche centinaio di elementi. Citiamo apposta la parola nucleotide per far capire che è una cosa complicata. Non sono sostanze reperibili facilmente sul mercato come per esempio quelle per produrre artigianalmente un disinfettante fatto in casa. I reagenti vengono prodotti da ditte specializzate che devono, con una procedura industriale, creare queste sostanze biochimiche molto complesse.

 

La domanda di macchinari e reagenti

All’inizio dell’epidemia, una volta identificato e sequenziato il Coronavirus, è stato messo a punto il test per individuarlo e quindi le sequenze di nucleotidi necessarie per l’amplificazione. I primi paesi a richiedere una grande quantità di reagenti sono stati la Cina, e, subito dopo, l’Italia.

Quando l’epidemia si è diffusa, diventando pandemia, le ditte hanno iniziato a produrre i reagenti ad un ritmo sempre maggiore.

Ma la diffusione enorme del virus ha fatto aumentare la domanda di reagenti e macchinari anche ai paesi che prima non erano colpiti.

 

Mismatch tra domanda e offerta

In sostanza si è creato un mismatch tra la domanda di reagenti, in continuo aumento, e l’offerta, in aumento ma ad un ritmo sempre comunque minore della domanda.

Le ditte produttrici di macchinari ricevono le richieste di nuovi macchinari ma non sono in grado di fornirli in comodato d’uso, come di consueto, per la mancanza di reagenti.

 

La situazione attuale nei laboratori

Ecco come mai si è verificata la situazione che stiamo vivendo ora. Per quanto abbiamo assoluto bisogno di aumentare i test, non vi sono sufficienti reagenti a disposizione.

Prendiamo una provincia in particolare, quella a cui ci riferivamo all’inizio dell’articolo. Qui c’è un solo macchinario per eseguire i tamponi rapidi. Perché i reagenti vengono consegnati dalle ditte nel numero di massimo 500 al giorno, per tutta la provincia, che fa 1 milione di abitanti. Una volta esaurito il numero di 500 tamponi rapidi al giorno, occorre aspettare l’indomani per ottenere una nuova fornitura.

Nel frattempo i test vengono processati col metodo consueto. Ovvero anziché 60 minuti occorrono circa 4 ore di procedura svolta da un tecnico specializzato che deve caricare i campioni nelle macchine standard a gruppi di 40-50 l’uno. Che partono in batteria ogni 4 ore circa.

Quindi i tamponi, una volta superata la soglia dei 500 quotidiani per provincia, vengono messi in coda nelle varie batterie che possono essere processate, a gruppi di 50 alla volta, in 4 ore. Quindi 12 tamponi/ora per ciascuna macchina presente in laboratorio. Lavorando anche a ciclo continuo, notti e festivi inclusi, non si può mai superare il numero di 300 tamponi al giorno per macchinario utilizzato.

Quanto ai tecnici specializzati e alla possibilità di reclutarne ulteriori, purtroppo le procedure non possono essere imparate in poco tempo da personale non qualificato. Il personale presente già è messo a dura prova da turni aggiuntivi assenza di ferie e nessuna prospettiva di miglioramento della situazione.

 

Come mai allora non riusciamo a fare molti più tamponi per il Coronavirus?

C’è un’importante carenza di materiali per l’esecuzione dei test diagnostici. Anche qualora riuscissimo ad aumentare il numero di operatori in grado di processare i tamponi, finché non avremo a livello mondiale una produzione maggiore di reagenti non riusciremo a fare molti più tamponi per il Coronavirus ai livelli necessari per identificare immediatamente ogni singolo caso sospetto.

 

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin

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