Trombosi venosa profonda: si verifica quando un vaso danneggiato dà vita a un trombo

Trombosi venosa profonda TVP

LA TROMBOSI VENOSA PROFONDA (TVP)

La trombosi venosa profonda (TVP) è una condizione patologica nella quale si verifica la formazione di masse anomale, di origine ematica, all’interno del sistema vascolare dell’organismo, specialmente a livello delle vene profonde.

La trombosi venosa profonda è una patologia frequente nella popolazione globale, dagli esiti potenzialmente fatali, in quanto, se non trattata, può evolvere in complicanze assai temibili come l’embolia polmonare e l’ipertensione polmonare.

Cosa accade al vaso venoso interessato dalla trombosi venosa profonda?

L’albero venoso presenta una certa compliance, o elasticità, contrariamente all’albero arterioso che, dovendo sopportare elevate pressioni sanguigne, è particolarmente rigido e meno distensibile.

Il vaso venoso è dunque particolarmente predisposto alla formazione di trombi, in quanto la presenza di una bassa pressione sanguigna favorisce la stasi ematica (ad esempio in seguito ad allettamento prolungato), che a sua volta induce l’attivazione delle cellule endoteliali e la coagulazione.

Generalmente la trombosi venosa avviene più frequentemente (in circa il 90 % dei casi) nei vasi degli arti inferiori, non solo per il loro diametro più piccolo, ma soprattutto per la presenza di una pressione sfavorevole, dovuta alla forza di gravità, che ostacola il deflusso del sangue nei vasi e quindi favorisce lo sviluppo dei coaguli. [1]

 

Quanto è frequente? Cenni epidemiologici della trombosi venosa profonda 

La trombosi venosa profonda rappresenta un particolare sottoinsieme della tromboembolia (o tromboembolismo): se l’incidenza stimata, a livello mondiale, del tromboembolismo è di circa 1 caso ogni 1000, sicuramente la TVP racchiude in sé più dei due terzi dei casi, quindi fino a 1 caso ogni 2000-3000 individui.

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È anche importante rilevare che, mentre la TVP dimostra un’incidenza molto bassa nei bambini, essa è, al contrario, molto più frequente nelle donne incinte, arrivando a interessare, nella popolazione africana, circa 48 donne ogni 100.000 nascite.

Può accadere che molti casi di trombosi venosa profonda non vengano mai riconosciuti durante la vita, poiché presenti in forma silente sub-clinica, e venendo riscontrati post-mortem, in fase autoptica. [2]

 

Le cause della TVP: aspetti eziologici e fattori di rischio

La trombosi venosa profonda, oltre che da cause genetiche intrinseche, può originare da varie condizioni che, nel loro complesso, inducono nell’organismo uno stato di ipercoagulabilità.

Le operazioni chirurgiche e l’allettamento prolungato rappresentano, specie nel paziente anziano, condizioni scatenanti per la formazione di episodi trombotici, perchè l’immobilizzazione forzata e protratta nel tempo può indurre la stasi ematica e la formazione dei coaguli intra-vasali.

Anche le neoplasie maligne possono rendersi responsabili dell’insorgenza della TVP, sia perché possono attivare direttamente il fattore X della coagulazione tramite il “cancer pro-coagulant”, sia perché inducono i frammenti delle cellule distrutte ad attivare direttamente il sistema della coagulazione, in seguito all’esposizione dei fosfolipidi di membrana.

Le cause più importanti nel determinare ipercoagulabilità secondaria, e dunque trombosi venosa profonda, sono:

  • Prolungato allettamento e immobilizzazione;
  • Infarto del miocardio;
  • Traumi e fratture;
  • Fibrillazione atriale;
  • Cancro;
  • Coagulazione intravascolare disseminata;
  • Uso di contraccettivi orali. [1],[2]

 

Fisiopatologia della trombosi venosa profonda: la triade di Virchow

La fisiopatologia della TVP può ricondursi all’assommarsi di tre importanti fattori, definiti per la prima volta dal patologo Rudolf Virchow, pertanto definiti come Triade di Virchow.

Le tre principali alterazioni che compongono la triade sono:

  • Lesione endoteliale. Il danno insistito alle cellule endoteliali, favorito dall’infiammazione e dall’ipercolesterolemia, può portare all’attivazione delle piastrine e all’espressione di un profilo endoteliale pro-coagulante.
  • Alterazioni del flusso ematico. Mentre la turbolenza è chiamata in causa nella genesi dei trombi di origine arteriosa, la stasi ematica interrompe il flusso laminare del sangue, favorisce l’attivazione dell’endotelio e induce un profilo globale pro-coagulante.
  • Ipercoagulabilità. L’ipercoagulabilità, anche definita trombofilia, è la tendenza del sistema vascolare a formare trombi; può essere secondaria ad alterazioni genetico-ereditarie oppure essere acquisita, come nel caso dell’allettamento prolungato.

È importante notare come condizioni genetiche predisponenti quali l’alterazione di taluni fattori della coagulazione (Fattore V Leiden etc.) o l’iperomocisteinemia possano, in alcuni casi, essere fortemente favorenti il verificarsi della TVP. [1]

 

Sintomi associati alla trombosi venosa profonda

La trombosi venosa profonda è una malattia subdola, la quale può permanere silente per anni, prima di dare adito a complicanze gravi, spesso nefaste per l’organismo.

Nei casi in cui sia sintomatica, la trombosi venosa profonda può palesarsi con i seguenti sintomi a carico degli arti inferiori:

  • Dolore tensivo e gravativo, specie alle estremità e in sede poplitea;
  • Edema pretibiale e delle estremità;
  • Eritema;
  • Tenderness della regione poplitea: una sensazione di soffice nella regione

La gamba sinistra è più soggetta della gamba destra al verificarsi della sintomatologia dolorosa, probabilmente a causa della compressione della vena iliaca sinistra dall’arteria iliaca destra, a livello anatomico.

I sintomi di trombosi venosa profonda costituiscono una voce importante per quantificare il rischio di insorgenza di embolia polmonare, e sono inclusi nei cosiddetti Criteri di Wells. [2],[3]

 

La diagnosi di trombosi venosa profonda

L’iter diagnostico accurato di una sospetta condizione di trombosi venosa profonda in genere segue questa sequenza

 

Visita medica: anamnesi nella trombosi venosa profonda

In particolar modo, dopo aver rilevato le informazioni generali relative allo stato di salute, il medico indaga circa:

  • L’anamnesi famigliare, al fine di riscontrare eventuali malattie genetiche che predispongono a fenomeni di ipercoagulabilità;
  • L’anamnesi patologica remota e prossima, per verificare la presenza di eventuali malattie infiammatorie o neoplastiche in atto;
  • L’anamnesi farmacologica, valutando la lista dei farmaci assunti in corso di eventuali terapie, e notando i farmaci a possibile attività pro-coagulante, come i contraccettivi orali;
  • Abitudini del paziente. Lo studio delle abitudini del paziente può rivelarsi assai importante per ricercare eventuali fattori di rischio che possano predisporre a fenomeni trombotici, come il fumo e uno stile di vita troppo sedentario.

La seconda parte della visita prosegue con l’esame obiettivo del paziente, volto alla ricerca di eventuali segni che possano far sospettare un quadro di TVP.

 

Visita medica: l’esame obiettivo nella trombosi venosa profonda

Esso si compone, di norma, delle seguenti fasi:

  • Ispezione della cute del paziente, con focus sulla presenza di eventuali discromie, segni di flogosi, atrofia ungueale e diradamento pilifero;
  • Ricerca di pulsatilità anomale;
  • Palpazione completa degli arti inferiori;
  • Valutazione delle vene giugulari, connotando le pulsazioni trasmesse e le pulsazioni autoctone.

Dopo l’esame obiettivo, il medico può effettuare alcune manovre per valutare un eventuale stato di insufficienza valvolare venosa (come la Manovra di Perthes e la Manovra di Trendelenburg); allo stesso modo, per determinare la sofferenza delle vene degli arti inferiori e i segni di tromboflebite, può eseguire test volti a ricercare la positività del Segno di Homans e del Segno di Bauer.

La visita medica generalmente si completa con la prescrizione di alcuni esami di laboratorio, comprendenti soprattutto l’emocromo e il dosaggio del D-dimero.

 

Esami di laboratorio nella trombosi venosa profonda

Vari esami del sangue possono essere inclusi negli esami di laboratorio prescritti per far luce su un sospetto quadro di TVP ma, nella maggior parte dei casi, è di fondamentale importanza ricercare il dosaggio del D-dimero.

Il D-dimero è un prodotto di degradazione della fibrina cross-linkata, che si forma dopo che il sistema della coagulazione ha indotto la formazione di trombina, la quale opera sul fibrinogeno affinché venga convertito in fibrina.

Poiché il D-dimero appare, quindi, come un indice di avvenuta fibrinolisi (successiva alla coagulazione), insieme alla stratificazione del rischio, questo indice rappresenta un biomarker molto affidabile nell’escludere un’eventuale condizione di trombosi venosa profonda.

 

Esami strumentali nella trombosi venosa profonda

Gli esami strumentali correntemente impiegati nella diagnosi della TVP sono:

  • Ecografia dei vasi venosi, con eventuale integrazione Color Doppler. Questo esame è spesso concentrato sulle vene profonde prossimali degli arti inferiori, come la vena femorale e la vena poplitea.
  • Venografia con contrasto. La venografia con contrasto è un esame invasivo ma spesso risolutivo per la diagnosi di TVP. Esso si basa sull’incannulamento di una vena del piede, con iniezione di mezzo di contrasto.
  • Risonanza magnetica nucleare, molto sensibile nell’individuare TVP della vena poplitea o delle vene profonde dell’arto superiore. [2],[3],[4]

 

Terapie e trattamenti per la trombosi venosa profonda

È possibile sottoporsi a trattamenti di profilassi, sia meccanica che farmacologica, per la prevenzione della trombosi venosa profonda. Quando si deve intervenire d’urgenza si utilizza spesso la terapia trombolitica.

 

Trattamento profilattico meccanico

Considerando i Criteri di Wells per la probabilità della TVP e i vari fattori di rischio che predispongono a ipercoagulabilità è possibile adottare degli accorgimenti preventivi che riducano il rischio di insorgenza di trombosi venosa profonda.

Questi trattamenti si basano per lo più su:

  • utilizzo di calzature a compressione
  • dispositivi a compressione pneumatica intermittente (IPC) e, in generale, di
  • evitare le abitudini che possono portare a stasi, come l’allettamento prolungato e l’immobilizzazione.

 

Trattamento profilattico farmacologico

Alcuni farmaci, che agiscono impedendo l’attivazione di alcuni fattori della cascata coagulativa, come l’eparina e i nuovi anticoagulanti (NOACs) possono essere molto efficaci nella prevenzione della formazione dei trombi.

La somministrazione di eparina non frazionata è gradualmente sostituita dalla somministrazione di eparine a basso peso molecolare, le quali, a differenza di quella frazionata, mostrano una maggiore biodisponibilità e un minor rischio di complicanze e di emorragie.

 

Terapia trombolitica

Oltre che alla terapia con anticoagulanti in caso di accertata presenza di TVP, talvolta si può ricorrere alla terapia trombolitica. Quest’ultima è una procedura non molto frequente per indurre la rapida lisi di un trombo ematico: poiché però è soggetta a una lunga serie di complicanze, essa viene utilizzata per lo più in soggetti giovani e con poche comorbidità. [2],[3]

 

Conclusioni

In conclusione si può asserire che la trombosi venosa profonda (TVP) è una condizione assai deleteria per l’organismo, facilmente evolvente in complicanze fatali, come la tromboembolia polmonare.

E’ importante attuare quanto prima trattamenti di profilassi, sia meccanica che farmacologica, per scongiurare gli effetti più gravi del tromboembolismo, incoraggiando i pazienti ad alto rischio ad intraprendere cambiamenti positivi nelle proprie abitudini di vita.

Nella determinazione diagnostica l’ecografia delle vene profonde e il dosaggio del D-dimero permangono tra le indagini più importanti per la diagnosi di TVP e per monitorarne la progressione nel tempo.

 

Fonti e note: