Celiachia, glutine, malattia celiaca

Celiachia

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La celiachia è una patologia cronica di tipo immuno-mediato, o autoimmune, che si sviluppa in persone geneticamente predisposte in seguito all’ingestione di glutine. Sebbene la malattia colpisca specificatamente il piccolo intestino, questa viene considerata una patologia multi-organo.

Scopriamo di più in questo articolo!

Quanto è diffusa la celiachia? Epidemiologia

Si stima che nel mondo circa l’1% della popolazione sia affetta da celiachia, anche se la maggior parte di queste persone non saprà mai di avere questa patologia.

La patologia è un po’ più comune nelle donne piuttosto che negli uomini ed esistono dei gruppi di persone che sono più a rischio di sviluppare la celiachia, come chi ha:

Nel mondo esistono aree con minore prevalenza di patologia, per minore diffusione di geni permissivi e per minore consumo di glutine, come l’Africa subsahariana e il Giappone, e aree con maggiore prevalenza, per i motivi opposti, come la Finlandia.

La malattia celiaca si può scatenare a qualsiasi età, addirittura in età geriatrica, ma ci sono due picchi di incidenza nella vita:

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  • il primo nella prima infanzia (tra lo svezzamento con glutine e i primi due anni di vita),
  • il secondo intorno ai 20-30 anni.

La celiachia, insieme alle altre patologie autoimmuni, è in costante aumento, ma questo trend non si può attribuire solo ed esclusivamente ad un miglioramento della sensibilità diagnostica.

Qual è la causa della celiachia? Eziologia

Tutte le malattie autoimmuni si riconoscono in un modello che prevede:

  • una certa predisposizione genetica (generalmente ereditaria)
  • dei fattori ambientali favorenti
  • dei fattori scatenanti la risposta immunologica, o trigger.

La malattia celiaca, rispetto ad altre patologie autoimmuni come per esempio l’artrite reumatoide o la psoriasi, è unica nel suo genere in quanto sono stati identificati quasi tutti gli elementi di questa catena.

In particolare è stato identificato il fattore scatenante, ovvero il glutine, cosa che in tutte le altre patologie autoimmuni invece è sconosciuta.

Fattore scatenante: il glutine

Il glutine è un complesso proteico presente in molti cereali, come:

  • il grano (o frumento)
  • la segale
  • l’orzo
  • il farro
  • il grano orientale (kamut®)
  • i loro ibridi, come il triticale.

È formato da due diverse componenti:

  • prolamina, responsabile della tossicità nella persona celiaca,
  • glutelina.

Quando le farine di questi cereali vengono mischiate all’acqua, le prolamine e le gluteline si modificano formando un reticolo proteico che prende il nome di glutine.

Il glutine ha uno scarso valore nutrizionale: la sua virtù alimentare principale è quella di conferire collosità ed elasticità agli impasti. Per via di questa sua caratteristica viene utilizzato molto nell’industria alimentare come addensante.

Perché il glutine causa la patologia?

Per sua costituzione il glutine è poco digeribile: i nostri enzimi digestivi non riescono a “sminuzzarlo” nei suoi singoli elementi costitutivi (gli amminoacidi), ma solo in pezzetti di varie dimensioni chiamati peptidi.

In persone geneticamente predisposte a sviluppare la malattia celiaca succede che:

  • Alcuni dei peptidi derivati dall’incompleta digestione del glutine possono avere un effetto stimolante sul sistema immunitario.
  • linfociti che si trovano nel tratto gastrointestinale sono programmati per identificare i peptidi, che derivano dalla incompleta digestione del glutine, come dei nemici.
  • In risposta alla presenza di questi peptidi, i linfociti delle persone con celiachia si attivano e scatenano infiammazione, come in un tentativo di difesa.
  • L’intestino di conseguenza viene danneggiato.

In fase di malattia attiva, quando l’intestino è danneggiato dall’infiammazione, i peptidi immunogenici del glutine possono anche oltrepassare la barriera intestinale ed entrare nel circolo sanguigno, raggiungendo anche altri organi. Questo fenomeno è denominato “antigen trafficking” ed è alla base dello sviluppo di alcuni problemi associati alla celiachia in parti del corpo distanti dall’intestino.

Componente genetica e fattori ambientali

Affinché si crei la patologia servono diversi elementi, tra cui una base genetica, che nel caso specifico della celiachia è multigenica.

I principali geni che predispongono alla celiachia si chiamano HLA DQA1 e DQB1, sono localizzati nel cromosoma 6 e codificano per delle proteine che si chiamano HLA DQ2 e DQ8.

Questi geni in realtà sono presenti in una larga fetta della popolazione generale (circa il 30%), ma solo una minoranza svilupperà la celiachia (circa il 3% dei portatori di questi geni, che corrisponde all’1% circa della popolazione generale).

Oltre ai geni HLA, ci sono anche altri geni coinvolti nello sviluppo di celiachia (almeno 100), ed infatti lo sviluppo di celiachia in individui “non-HLA” è possibile, anche se è un evento molto raro. Avere un determinato assetto genetico è dunque una condizione necessaria, ma non sufficiente per sviluppare celiachia.

Oltre alla genetica e al glutine servono dei fattori ambientali favorenti, e questi probabilmente sono:

  • infezioni virali,
  • un’alterazione della permeabilità intestinale,
  • un’alterazione del microbiota residente nell’intestino.

Come si manifesta la malattia celiaca? Sintomatologia

La celiachia si può presentare attraverso una serie di segni e sintomi che possono essere molto diversi tra persona e persona. Proprio a causa di questa presentazione eterogenea la diagnosi può risultare difficile o tardiva.

Ci sono casi in cui la patologia si esprime poco o nulla in termini di sintomi ed in questi casi la diagnosi è spesso incidentale (per esempio in corso di screening per familiarità). Queste forme si definiscono “subcliniche” e sono piuttosto comuni, rappresentando circa un quarto dei casi totali. Spesso i pazienti con questa forma di celiachia prendono consapevolezza di quelli che erano i loro sintomi solo a posteriori, dopo la loro scomparsa intraprendendo una dieta senza glutine.

Nei casi in cui invece la celiachia si manifesta con segni e sintomi, possiamo distinguere:

  • una forma “classica” o intestinale,
  • una forma “non classica” o extraintestinale.

La forma classica di celiachia è più tipica dei bambini, nei quali si presenta con:

  • diarrea,
  • inappetenza,
  • malassorbimento,
  • ritardo della crescita.

Negli adulti la forma di presentazione più comune è quella non classica, dove i sintomi intestinali sono più sfumati, con un quadro che assomiglia di più alla sindrome dell’intestino irritabile con:

Più raramente anche:

mentre sono più evidenti le manifestazioni extraintestinali.

Manifestazione extraintestinali della celiachia

La celiachia si può poi manifestare anche attraverso:

Tutti queste manifestazioni della patologia sono reversibili con l’eliminazione del glutine.

Patologie associate alla celiachia

La malattia celiaca si può poi associare a tutta una gamma di altre patologie autoimmuni o idiopatiche, tra le quali:

  • la dermatite erpetiforme,
  • la tiroidite di Hashimoto,
  • la malattia di Basedow,
  • la gastrite autoimmune,
  • le connettivopatie (Sjogren),
  • l’atassia cerebellare,
  • l’epatite autoimmune,
  • la colangite sclerosante,
  • la colangite biliare primitiva,
  • la vitiligine,
  • la psoriasi.

La dieta senza glutine guarisce o migliora molte delle patologie associate alla celiachia.

Diagnosi di celiachia

La diagnosi viene posta all’interno di una visita gastroenterologica, da un medico esperto in questa malattia: trattandosi di una patologia molto eterogenea, un importante strumento diagnostico per la celiachia è quello del sospetto clinico e della sensibilità del medico verso la patologia.

Non si può fare diagnosi di celiachia con un singolo test, ma devono essere valutati in particolare cinque aspetti:

  • i sintomi tipici,
  • la sierologia positiva,
  • l’evidenza del danno intestinale,
  • la genetica compatibile,
  • la risposta alla dieta.

Per fare diagnosi di celiachia non servono necessariamente tutti e cinque ma ne possono bastare quattro.

Anamnesi

L’anamnesi consiste nell’ottenere informazioni sulla storia clinica del paziente, comprese:

  • le sue abitudini alimentari (è utile per il medico sapere se il paziente segue una dieta priva di glutine o se ha recentemente iniziato a consumarne quantità maggiori),
  • i sintomi,
  • la storia familiare.

Esame obiettivo

L’esame obiettivo è un esame fisico mirato per verificare la presenza di segni e sintomi di danni intestinali e malnutrizione.

Durante l’esame obiettivo, il medico:

  • Controlla l’addome del paziente per verificare la presenza di gonfiore o di una massa addominale,
  • Palpa la milza e il fegato per verificare se sono ingrossati, il che potrebbe indicare la presenza di una malattia autoimmune,
  • Controlla la pelle del paziente per identificare eruzioni cutanee, eczema o altre condizioni dermatologiche che possono essere associate alla celiachia,
  • Esamina le unghie per verificare la presenza di chiazze bianche o striature, che indicano carenza di nutrienti come il calcio o il ferro.

Può anche includere la misurazione del peso e dell’altezza per calcolare il BMI e determinare se il paziente è dimagrito o sottopeso.

Esami diagnostici

Nessun test raggiunge il 100% di accuratezza diagnostica, ed è quindi sempre necessario associare all’esame del sangue l’esame istologico delle biopsie duodenali, che si ottengono tramite gastroscopia. L’unica eccezione a questa regola l’abbiamo nei bambini con sierologia positiva ad alto titolo.

Entrambi gli esami risultano informativi solo ed esclusivamente se al momento della loro esecuzione è in atto una dieta con glutine.

Test sierologici

L’esame di primo livello da fare è l‘esame del sangue, o sierologico, che consiste nel dosaggio delle IgA totali e delle IgA anti transglutaminasi, che si possono ottenere su un unico prelievo.

Esistono poi altri esami, di secondo livello, come il dosaggio delle IgA anti endomisio e delle IgG anti peptidi della gliadina deamidata, che si fanno in casi selezionati.

Gastroscopia e biopsia intestinale

L’esame istologico della mucosa duodenale è considerato un test fondamentale e quasi sempre imprescindibile per una corretta diagnosi. Durante la procedura un medico preleva un piccolo campione di tessuto intestinale utilizzando un sottile tubo, chiamato endoscopio, che viene poi analizzato al microscopio.

Con questo esame si documenta:

  • l’aumento dei linfociti intraepiteliali,
  • l’atrofia dei villi intestinali (secondaria alla morte delle cellule intestinali indotta dai linfociti intraepiteliali),
  • la cosiddetta iperplasia delle cripte (che è data dall’attivazione ed iperproliferazione dei linficiti T helper CD4+ della lamina propria).

Con questi tre elementi si definisce anche il grado di danno intestinale al momento della diagnosi.

Test genetici

I test genetici non vengono influenzati dalla presenza o meno di glutine nella dieta, ma sono test che più che a fare diagnosi, servono ad escluderla: la maggior parte delle persone con test genetico positivo non svilupperanno mai la celiachia nell’arco della vita, mentre quando un test genetico per celiachia risulta negativo, possiamo escludere la patologia con una ragionevole certezza.

Esame per verificare la presenza di carenze nutrizionali

La celiachia può causare carenze nutrizionali e dunque vengono spesso consigliati esami del sangue per valutare:

Diagnosi differenziale di celiachia

La diagnosi differenziale consiste nell’escludere altre malattie che possono avere sintomi simili alla celiachia, come:

  • Malattia di Crohn, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino;
  • Sindrome dell’intestino irritabile;
  • Intolleranza al lattosio;
  • Sensibilità al glutine non celiaca, una condizione in cui il consumo di glutine può causare sintomi gastrointestinali simili a quelli della celiachia, ma senza danni al rivestimento intestinale.

Trattamento per la celiachia

Dopo la diagnosi di celiachia, il gastroenterologo curante struttura un percorso ambulatoriale che dovrebbe prevedere:

  • un incontro dietistico per training sulla dieta senza glutine e per la prevenzione di complicanze metaboliche, che possono derivare dall’utilizzo eccessivo di cibi industriali senza glutine,
  • una ecografia addominale per la valutazione della milza, che in alcuni casi di celiachia può rimpicciolirsi,
  • una densitometria ossea per stabilire l’eventuale presenza di osteopenia/osteoporosi, che si fa alla diagnosi nei soggetti a rischio;
  • delle visite mediche di controllo.

Generalmente nei mesi successivi alla diagnosi è buona norma assumere sotto prescrizione medica dei supplementi di micronutrienti (come vitamine del gruppo B, vitamina D3 ed eventualmente ferro).

In occasione della diagnosi di un caso di celiachia, il medico gastroenterologo ha anche il compito di raccomandare uno screening sierologico per i familiari di 1° grado del paziente (genitori, fratelli/sorelle, figli), che si fa con il dosaggio sul sangue di IgA totali e IgA anti transglutaminasi. Inoltre si procede anche con formalità burocratiche come la certificazione di patologia per esenzione dalla spesa sanitaria e per l’erogazione mensile gratuita regionale di cibi senza glutine (industriali).

Il trattamento vero e proprio si basa principalmente su un cambiamento dell’alimentazione e sulla creazione di un sistema di supporto.

Vediamoli nel dettaglio.

Alimentazione per la celiachia

La celiachia è una patologia immunologica e per questo motivo quello che è terapeutico è imparare a vivere senza glutine: questo comporta la guarigione delle lesioni intestinali, la risoluzione dei disturbi portati dalla patologia e la conquista di un nuovo benessere.

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L’alimentazione verrà basata principalmente su alimenti non raffinati che per natura non contengono glutine, come:

  • pesce,
  • uova,
  • carne,
  • latte,
  • verdura,
  • ortaggi,
  • legumi,
  • frutta,
  • cereali o pseudocereali quali riso, mais, grano saraceno etc.

L’ingestione continuativa o ricorrente di glutine, sia essa non intenzionale (per contaminazione) o intenzionale (per “sgarri”) porta a mantenere attiva la patologia.

I linfociti intestinali rimangono in atteggiamento pro-infiammatorio e ciò porta a mantenere cronicamente danneggiato l’intestino, con il rischio di complicanze potenzialmente molto serie come la digiunoileite ulcerativa, l’adenocarcinoma e il linfoma del piccolo intestino.

Sistema di supporto

La malattia celiaca è dunque una patologia per la quale può essere molto utile cercare un supporto, per esempio attraverso network di pazienti (in primis in Italia quello dell’Associazione Italiana Celicahia, A.I.C).

È infine buona norma restare “agganciati” ad un servizio di gastroenterologia anche quando si riesce a seguire la dieta senza glutine senza apparenti difficoltà e quando ci si sente bene.

Questo è raccomandabile per:

  • verificare che la remissione della patologia non sia solo sintomatologica,
  • per sorvegliare la possibile comparsa di altre patologie autoimmuni,
  • per la diagnosi precoce di eventuali complicanze della malattia che, sebbene molto rare, presentano una prognosi sfavorevole se non identificate e trattate tempestivamente.
  • per risolvere eventuali problemi come per esempio la stitichezza o le alterazioni metaboliche che si possono associare alla dieta senza glutine, specialmente quando questa è ricca di alimenti industriali per celiaci.

La guarigione intestinale può richiedere molto tempo dopo l’allontanamento del glutine, diversi mesi o addirittura alcuni anni.

Celiachia: elementi importanti da ricordare

La celiachia è una patologia autoimmune della quale si conoscono tutti gli elementi patogenetici, incluso il trigger immunologico, che è il glutine. I linfociti intestinali delle persone con celiachia vedono il glutine come un aggressore e quando lo incontrano scatenano una infiammazione difensiva che però finisce per danneggiare seriamente l’intestino, aprendo così la porta anche a problemi di altri distretti dell’organismo.

Oltre al trigger, è presente una componente genetica ed alcuni fattori ambientali che contribuiscono alla comparsa di questa malattia, che si può presentare sia in forma classica, con sintomi relativi all’apparato gastrointestinale, sia in forma non classica, con manifestazioni extraintestinali. Inoltre può essere associata ad una vasta gamma di altre patologie.

Per giungere ad un’accurata diagnosi bisogna che siano presenti almeno quattro tra questi cinque elementi: i sintomi tipici, la sierologia positiva, l’evidenza del danno intestinale, la genetica compatibile e la risposta alla dieta.

Proprio perché per la celiachia si conosce il trigger immunologico, il trattamento consiste principalmente nell’eliminare dalla propria dieta questo trigger, cioè il glutine: la patologia va così in remissione completa, i linfociti intestinali “si tranquillizzano” e l’intestino guarisce perfettamente. Le cellule del sistema immunitario però hanno una memoria tale per cui è fondamentale che le persone affette da celiachia escludano il glutine dalla dieta per tutta la loro vita, anche quando la patologia è in remissione stabile e ci si sente bene.

Inoltre è importante affidarsi ad un sistema di supporto e ad un servizio di gastroenterologia che possa aiutare nella sorveglianza e risoluzioni di eventuali problemi e complicazioni successive.

Bibliografia: fonti e note