tromboembolia venosa

Tromboembolia venosa: cause, sintomi e cure

LA TROMBOEMBOLIA VENOSA (TEV)

La tromboembolia venosa (TEV) è una patologia che consiste nella contemporanea presenza di trombosi venosa profonda (TVP) e di embolia polmonare (EP), molto comune nella popolazione globale, e dagli esiti potenzialmente letali.

L’embolia polmonare e la trombosi venosa profonda costituiscono le due manifestazioni cliniche della TEV, e condividono i medesimi fattori di rischio; nella maggior parte dei casi, l’embolia polmonare attecchisce proprio come conseguenza della TVP.

La condizione di tromboembolia venosa è una malattia che bersaglia sia i pazienti ospedalizzati che i pazienti non-ospedalizzati, è una delle patologie del distretto vascolare più frequenti, e si verifica spesso in conseguenza di ipertensione polmonare cronica e di sindrome post-trombotica. [1]

Cosa si intende per trombosi venosa profonda?

La trombosi venosa profonda (TVP) è la presenza, nelle vene profonde del distretto vascolare, di grumi di sangue, ovvero, più tecnicamente, di masse anomale di origine ematica, che tendono ad occludere il lume del vaso. Nel 90% dei casi la TVP si manifesta alle vene profonde degli arti inferiori, specialmente alla vena femorale e alle vene del ginocchio, dette vene poplitee. [2]

Cosa si intende per embolia polmonare?

Un embolo è un frammento libero intravascolare che si muove lungo il decorso del distretto vascolare, e può essere di natura solida, liquida o gassosa. Nel caso dell’embolia polmonare, gli emboli traggono origine dalle trombosi venose profonde, fino a giungere, attraverso il cuore destro, nella circolazione polmonare arteriosa, occludendola. L’embolia polmonare è una condizione patologica severa, potenzialmente in grado di causare morte improvvisa. [2]

 

Quanto è frequente? Epidemiologia della tromboembolia venosa

La tromboembolia venosa colpisce circa 10 milioni di persone ogni anno, rappresentando la terza malattia cardiovascolare più frequente, dopo la sindrome coronarica e l’infarto del miocardio.

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L’incidenza annuale di TEV acuta è stimata mediamente in 1-2 casi ogni 1000 soggetti, aumentando fino a quattro volte tanto nelle popolazioni più sviluppate, e con l’avanzare dell’età.

Le donne mostrano un rischio quasi sovrapponibile a quello degli uomini di incorrere in episodi di TEV, ma questo rischio si innalza tra i 20 e i 40 anni di età, tenendo conto dei fattori di rischio legati alla fertilità e alla riproduzione.

I pazienti con storia di neoplasia maligna presentano un rischio concretamente più alto di evidenziare tromboembolia venosa: è stato infatti calcolato che circa il 15%  dei pazienti affetti da cancro al pancreas o pancreatite va incontro alla TEV.  [1],[3],[4]

 

Quali sono le cause? Aspetti eziologici della tromboembolia venosa

La tromboembolia venosa è una patologia multifattoriale: si ritiene possa derivare dall’interazione tra diversi fattori di rischio, alcuni dei quali possono essere direttamente predisponenti, oppure aggravanti il quadro patologico.

Spesso la tromboembolia non viene diagnosticata dal principio, e rimane silente per un certo lasso di tempo, fino a quando uno o più fattori di rischio si sommano alla situazione in atto, slatentizzando la patologia.

La cosiddetta Triade di Virchow, ossia la presenza di uno o più di tre fattori di rischio, predispone all’insorgenza della trombosi venosa profonda.

Ecco dunque i fattori che compongono la Triade di Virchow:

  • Lesione endoteliale. Si tratta di un danno alle cellule del rivestimento interno delle arterie, dette cellule endoteliali. Prodotto da stress meccanico, flogistico o da ipercolestorelemia, il danno attiva la reazione delle cellule dell’endotelio in senso pro-coagulante e pro-infiammatorio.
  • Alterazione del flusso ematico. Nel caso della trombosi venosa la stasi, ossia il ristagno del sangue dovuto all’interruzione del suo flusso laminare, attiva gli eventi della coagulazione, permettendo anche l’adesione piastrinica.
  • Ipercoagulabilità. L’ipercoagulabilità, o trombofilia, consiste nella tendenza del distretto vascolare a formare trombi, in base a fattori genetici, oppure sulla scorta di cause acquisite o secondarie, di cui alcune passeggere.

L’embolia polmonare può invece essere causata da emboli multipli, che si distaccano dalla massa originaria, come una pioggia di piccoli emboli; questi emboli derivano, nel 95% dei casi, da una trombosi venosa profonda della gamba e raggiungono la circolazione polmonare arteriosa, occludendola immediatamente o progressivamente.

Poiché gli emboli che giungono alla circolazione polmonare, o piccola circolazione, derivano verosimilmente da un’unica massa originaria più grande, il paziente che ha avuto un episodio di embolia polmonare è molto più soggetto ad averne altri, con ulteriore possibile peggioramento del suo quadro. [2]

 

Fattori di rischio per la tromboembolia venosa

I fattori di rischio per la TEV sono classificati come forti e deboli, a loro volta ulteriormente suddivisibili in transienti e persistenti.

L’International Society on Thrombosis and Heamostasis  propone dunque la seguente classificazione dei fattori di rischio della tromboembolia venosa: [3]

Fattori di rischio forti persistentiFattori di rischio forti transienti
Neoplasia malignaParto cesareo
Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidiOspedalizzazione per malattia acuta
 Trauma maggiore o frattura
 Prolungata immobilizzazione
 Operazione chirurgica > 30 minuti

 

Fattori di rischio deboli persistentiFattori di rischio deboli transienti
Malattie infiammatorie cronicheBreve immobilizzazione
ObesitàTerapia con estrogeni
Familiarità con TEVInfezione
Paziente portatore di pacemakerTrauma minore
Gravidanza

 

 

Overview sui trombi arteriosi e sui trombi venosi

La tromboembolia venosa è originata dal distacco di piccoli trombi che si dipartono dalle vene profonde degli arti inferiori; i trombi che originano nelle arterie portano invece a conseguenze altrettanto serie, come l’infarto del miocardio, ma presentano delle caratteristiche diverse rispetto ai trombi di origine venosa.

Le principali differenze tra trombi arteriosi e trombi venosi:  [2]

Trombi arteriosiTrombi venosi
Si formano solitamente su superfici endoteliali leseSi formano solitamente in condizioni di stasi del sangue
La massa del trombo è disgregabile e friabileLa massa del trombo è rossa e compatta (fibrina e globuli rossi)
Tendono ad attecchire nel cuore, nell’aorta e nelle arterie di piccolo calibroSi formano spesso a livello delle valvole venose, interessando quasi sempre le vene degli aa. inferiori
Possono essere murali (endo-cavitari) o occlusiviSono quasi sempre occlusivi

Sintomi associati alla tromboembolia venosa

Non sempre la sintomatologia della tromboembolia venosa viene del tutto evidenziata, rimanendo in stadio sub-clinico e silente anche per lunghi periodi di tempo.

I classici sintomi riportati dai pazienti affetti da trombosi venosa profonda sono:

  • Dolore agli arti inferiori;
  • Edema pretibiale e delle estremità degli arti inferiori;
  • Eritema;
  • Tenderness alla palpazione degli arti inferiori;
  • Formazione di circoli venosi collaterali superficiali.

È stato inoltre verificato che tra il 30% e il 60% dei pazienti con diagnosi certa di TVP presentano, in concomitanza, un quadro di embolia polmonare ancora silente.

Quando alla trombosi venosa profonda si sovrappone l’embolia polmonare, possono manifestarsi sintomi tipici come:

  • Respiro corto e dispnea;
  • Dolore pleurico;
  • Emottisi;
  • Tachicardia.

I pazienti più gravi evolvono precocemente in ipotensione, shock e morte improvvisa. [3]

 

Diagnosi della tromboembolia venosa

L’iter diagnostico della tromboembolia venosa prevede l’effettuazione in sequenza di varie fasi, utili a inquadrare al meglio il paziente, e a non tralasciare nessuna informazione importante.

Ecco le fasi generalmente seguite nella diagnosi della TEV:

Visita medica con anamnesi ed esame obiettivo

La visita del paziente in cui si sospetta una TVP, con interessamento anche del circolo arterioso polmonare, può essere effettuata dal medico di medicina generale o da un medico specialista.

Possono essere adoperati con efficacia, in questa fase, vari test che aiutano a individuare il rischio e la probabilità che un iniziale quadro di TVP possa evolvere in TEV; tra i test più usati vi sono i Criteri di Wells e i Criteri YEARS.

Durante l’esame obiettivo, il medico ispeziona con accuratezza gli arti inferiori e la regione toracica del paziente, prendendo nota di eventuali segni di infiammazione delle vene degli arti inferiori (tromboflebite) o di sintomi di discomfort respiratorio. Attraverso la palpazione e la percussione si possono, invece, riscontrare altri segni suggestivi di patologia, come tenderness degli arti inferiori e dolorabilità.

La visita si conclude usualmente con l’effettuazione di alcune manovre utili a determinare un’eventuale insufficienza venosa degli arti inferiori (Manovra di Perthes e Manovra di Trendelenburg), e test clinici indicativi di tromboflebite, volti alla ricerca del Segno di Homans e del Segno di Bauer.

Esami di laboratorio

Oltre agli esami del sangue prescritti di routine per inquadrare in maniera generale il paziente, il dosaggio del D-dimero può rivelarsi di estrema utilità per stratificare il rischio di TEV.

Il D-dimero è un prodotto di degradazione della fibrina, formata come evento finale della cascata della coagulazione, che aumenta in caso di trombosi acuta e in altre condizioni aspecifiche come il cancro, infezioni o malattie infiammatorie. Per tale ragione il test del D-dimero esclude la possibile presenza di tromboembolia venosa in quei pazienti con concentrazioni normali di D-dimero.

Esami strumentali per la TVP

Gli esami strumentali normalmente impiegati per saggiare un’eventuale condizione di trombosi venosa profonda sono:

  • Ecografia compressiva degli arti inferiori. Tale tecnica valuta eventuali stati trombotici a carico delle vene profonde prossimali dell’arto inferiore, come la vena femorale e le vene poplitee.
  • Risonanza magnetica nucleare, in caso di forte sospetto di TVP senza che sia emerso nulla di significativo dall’ultrasonografia compressiva.

 

Esami strumentali per l’EP

L’esame strumentale gold-standard per l’accertamento di embolia polmonare, in quei pazienti già diagnosticati con la condizione di TVP, è generalmente la Tomografia computerizzata con angiografia polmonare (CPTA) [3], [5].  Un tempo si eseguiva la Scintigrafia ventilo-perfusoria, dove si valutano anomalie del rapporto ventilazione/perfusione all’interno del circolo polmonare, che però oggi è stata soppiantata dalla TC.

 

Terapie e trattamenti per la tromboembolia venosa

La fase di prevenzione, sia meccanica che farmacologica, della TVP e, dunque, della TEV, prevede di rispettare determinati accorgimenti, utili a scongiurare il verificarsi di spiacevoli episodi trombotici, come evitare lunghi periodi di immobilizzazione e cercare di perdere peso.

Oltre alla fase preventiva, i trattamenti principali per la cura della tromboembolia venosa sono di natura farmacologica e prevedono la somministrazione di:

  • Eparine a basso peso molecolare, associate a rischio di sanguinamento più basso e a minor rischio di recidivizzazione dei fenomeni trombotici.
  • Anticoagulanti orali diretti (DOACs), i quali rappresentano gli strumenti farmacologici più avanzati per il trattamento della TEV, preferiti per l’efficacia e il minor rischio di sortire effetti collaterali.

Nei pazienti in cui si ha necessità di intervenire in maniera più decisa e urgente, si può ricorrere alla trombolisi diretta dei vasi venosi interessati, con l’associazione di anticoagulanti somministrati per via orale. [3]

 

Conclusioni

Concludendo, si può dire che la tromboembolia venosa (TEV) rappresenta la fase finale della trombosi venosa profonda (TVP), costituendo un quadro clinico severo, nel quale si ha necessità di avviare dei trattamenti risolutivi al più presto.

La sovrapposizione dell’embolia polmonare (EP) alla già citata trombosi venosa profonda va ad intaccare, infatti, la funzionalità del circolo arterioso polmonare, compromettendone l’efficacia nella respirazione.

Per questo, gli ultimi studi si stanno concentrando sul potenziamento dei nuovi anticoagulanti orali come farmaci di elezione nel trattamento della TEV, avendo dimostrato, in fase di trial clinico, un profilo di sicurezza maggiore rispetto ai classici farmaci anticoagulanti, come le eparine.

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin

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Fonti e note:

  • [1] Bruni-Fitzgerald KR. Venous thromboembolism: An overview. J Vasc Nurs. 2015 Sep;33(3):95-9.
  • [2] Robbins., Cotran, Turner., et al. Robbins & Cotran pathologic basis of disease. Philadelphia: Elsevier; 2021.
  • [3] Khan F, Tritschler T, Kahn SR, et al. Venous thromboembolism. 2021 Jul 3;398(10294):64-77.
  • [4] Heit JA, Spencer FA, White RH. The epidemiology of venous thromboembolism. J Thromb Thrombolysis. 2016 Jan;41(1):3-14.
  • [5] Fradà G, Fradà G. Semeiotica medica nell’adulto e nell’anziano. Padova: Piccin; 2018.